giovedì 29 dicembre 2016

CHE TRISTEZZA LA FAVOLA CHE ELOGIA IL LAVORO DELLA FORMICA E CONDANNA IL CANTO DELLA CICALA

PARABOLA

La cicala passava la giornata a cantare e a baciarsi con le altre cicale e rideva della stupidità della formica che lavorava tutta la vita senza conoscere la bellezza del vino. Tra le formiche c'erano formiche stupide e formiche intelligenti. Poche stupide. Pochissime. Le formiche avevano costruito il loro formicaio sopra una gigantesca mole di zucchero; la mole era nascosta e sufficiente per generazioni e generazioni di formiche; nonostante questo le formiche lavoravano comunque. La fonte del loro lavoro era fornita da una guerra che aveva dichiarato il loro capo al Blu Pervinca. A dirla tutta alcune formiche supponevano che il Blu Pervinca non fosse un nemico per le formiche. Il capo era certo che il Blu Pervinca non fosse un nemico per le formiche. Le formiche erano ridicole con tutti i loro movimenti militareschi, la loro rabbia gratuita e il loro continuo privarsi di piaceri che avrebbero potuto ottenere lordandosi di zucchero. Non erano felici le formiche. Non troppo. La cicala non era felice. Non troppo. 
Un giorno la cicala parlò con il capo delle formiche:
-Ma perché vi date tanto da fare?
-C'è il Blu Pervinca.
-Puoi mentire a molte, ma non a me. Il Blu Pervinca non esiste.
-Certo, ma l'importante è essere sufficientemente folli per credere nel Blu Pervinca come nemico. Non può esserci una cosa senza il suo contrario. Il nemico della formica è la fame, per noi la fame non c'è più: niente più fame allora, niente più formica. Allora è necessario che io creda in qualcosa che mi neghi perché io esista. Io credo nel  Blu Pervinca come nemico perché mi dà senso.
-Io non ho nemici eppure esisto e sto bene. 
-Chi non ha nemici scompare, perché non ha senso di esistere. 
A metà agosto la cicala era scomparsa. Un bambino vestito di Blu Pervinca dette fuoco al formicaio. Fu il giorno più bello di sempre per il formicaio. 


Salazar

sabato 3 dicembre 2016

La Voce

Non capita tutti i giorni e quindi lo annoto qui, in queste mie sparse pagine di diario, a testimonianza degli eventi che mi sono occorsi nella giornata di ieri.
Ci trovavamo come al solito nel nostro appartamento in via *** con l'eccellente Maestro. Le finestre,come'è naturale, stavano sempre chiuse durante il giorno con le serrande abbassate per non spaventare inutilmente il Buio delle nostre stanze con la luce del giorno. Vivevamo al lume di candela in un'atmosfera gotica. Sempre in pigiama a guardare film al computer. A un certo punto ci giunse voce di una festa in un luogo sotterraneo e, quindi, diabolico. Né io né il Maestro avevamo intenzione di andarci. Non ce ne era motivo. Non ci sarebbe mai stato un buon motivo di uscire... Inspiegabilmente però quella sera il Maestro iniziò a insistere sulla possibilità di uscire. La sua voce per la prima volta mi apparve come una possessione del corpo. Questo ente astratto che esce da questo animale di carne. La Voce. Il Maestro aveva una sostanza diabolica e metafisica nei polmoni. Lo presentivo in tutto il mio pigiama. L'elettricità animale si agitava per tutta la casa. Sentivo che qualcosa non andava a pelle, come una falena sente i sapori tramite i peli sulle ali, ma la mia ragione soffocò tutto...
Il Maestro iniziò a insistere. Bisognava andare alla festa, ne avvertiva la necessità. Iniziò ad agitarsi come il fuoco di una candela durante una folata di vento. Si muoveva per la stanza facendo agitare teatralmente la sua vestaglia. Io presentivo la sventura. Perché uscire? Non bisogna uscire. Non bisogna uscire neanche se si ha fame. Non bisogna uscire neanche se si è morti per farsi seppellire. La casa è un utero e venire al mondo è il peccato originale. Usciamo! Usciamo! Usciamo! Erano le uniche parole che riusciva a dire quella Voce incastrata dentro al corpo del Maestro. Se ascoltavi solo il suono quell' 'Usciamo' sembrava l'urlo di una persona che chiedeva aiuto: il corpo implorava che io fermassi la Voce che lo possedeva, ma la voce articolava il fiato in modo da confondermi. Il Maestro iniziò ad afferrarmi  e a tirarmi i vestiti addosso. Usciamo! Usciamo! Usciamo! In un momento di distrazione di lui afferrai il portatile e mi nascosi sotto alle coperte. Ero una crisalide magnifica. Un utero dentro a un utero: gli altri uscivano, io riuscivo ad ottenere livelli superiori di dentro... Il Maestro entrò nella mia stanza come Polifemo cieco di buio a caccia di itacesi. Lui cercava me tastando le pecore nel buio, io gioivo della certezza del mio nascondiglio come una falena gioisce della notte... Si avvicinò terribilmente a me. Sentivo il famigliare fruscio della sua vestaglia ottomana, ma la sua Voce non era lui. Dai usciamo. Dai usciamo. Dai usciamo. Era l'urlo di dolore di un corpo che aveva perso contro un demone possessore.

[...]

Alle tre fissavo lo schermo sotto alle coperte. Non sarei mai uscito nella stanza. A un certo punto sbatté la porta. Il Maestro era tornato. Rideva. Con lui c'era un altro. Parlavano di fare la pasta. Vile trucco per stanare persone. Mi avevano già fatto uscire più volte con la scusa del cibo, ma ormai avevo imparato a gestire anche questa componente di me. Alcuni dedicavano il loro ascetismo a Dio. Io l'avevo dedicato allo stare chiuso in casa... Fuori dalle coperte versi non umani di un abbuffata si sentivano. Inoltre una inspiegabile forza attraente portava oggetti di piccola fattura verso la cucina come si il Maestro avesse portato un debole magnete che attraeva le masse. Iniziai ad ascoltare contro il mio volere il discorso che la Voce stava tenendo con l'ospite. Il suono aleggiava come un fantasma nell'aria e entrava nel mio orecchio come un parassita tropicale. Sembrava che la Voce tramite il colloquio stesse costruendo l'essere, come un negromante con la sua voce costruisce gli spettri con cui infesta il deserto...

-Quindi Psiche cosa studi?
-Scienze della formazione.
-Qui a ***?
-No fuori a ***, ma perché avete le luci spente?
-Ci piace risparmiare, AHAHAH!

La risata mostruosa con cui Lucifero aveva deciso di essere superiore a Dio. A quelle vocali tutti i cani del condominio si misero ad abbaiare come di fronte a qualche naturale segno nefasto.

-Senti ti faccio una domanda personale... ma quanto pesi Psiche?
-170 kg.
-Non ti sei offesa?
-Solo un po'.

Quell'essere detto Psiche si mise a piangere. Lo si sentiva singhiozzare nonostante, nel punto in cui ero, il buio fosse così denso da non permettere il movimento a nessuna onda sonora. Il suo pianto usciva fuori male dagli occhi come una lumaca fortissima non si riesce a strappare dal suo guscio. Continuo si sentiva il rumore di spaghetti risucchiati come se stessero mangiando dieci kg di spaghetti. Tremavo, ma dov'ero ero sicuro.

[...]

Improvvisamente silenzio. Poi passi che tremavano la casa iniziarono ad avvicinarsi alla mia stanza. Poi sentì la mia nemica agitarsi davanti alla porta. La Voce.

-È un po' timido, ma te non temere.

La porta si aprì. Due passi terribili. Si chiuse. Sentì il rumore di tutte le cose sulla mia scrivania che venivano attratte da quella forza animale che veniva da fuori. Di nuovo dei passi mostruosi raggiunsero il mio letto. Dieci vermi grassi e larghi si infilarono sotto le lenzuola. Solo in certi trattati occulti di storia naturale del Brasile avevo sentito parlare di cose del genere. Non capivo ancora cosa stava succedendo, ma temevo un destino peggiore della morte e così fu... i dieci vermi si trasformarono in dita e strapparono il lenzuolo dal letto scoprendo il mio nascondiglio. La mia anima in quell'istante si ruppe e avrei voluto morire il mio corpo, ma successe solo allo spirito...  Di fronte a me si ergeva un essere gigantesco e mostruoso e magnifico. I suoi seni erano così giganteschi da riempire tutto lo spazio visibile. Capì dalle letture che avevo fatto in antichi testi greci che mi trovavo di fronte a quella creatura mitologica che Erodoto aveva chiamato Gorda. Io disperavo e già temevo che niente sarebbe stato peggiore di quello che mi era appena accaduto, quando quella mi strappò di dosso il pigiama. Ah! Mille volte avrei preferito mi staccassero la pelle con un coltello! L'incubo... Con le sue fauci mostruose si avvicinò per divorare quella parte di me che è giusto tacere. Urlai terrorizzato. Dissi che non era uno spaghetto! Ma quella si avvicinò. Iniziò a fare qualcosa di strano e piacevole. Era come il tempo che agisce sugli alberi che prima sono morbidi steli d'erba verde e con gli anni diventano di legno gioioso. L'essere accelerava il tempo mentre eseguiva qual rituale diabolico e strano che consisteva nell'arrivare quasi a inghiottire e poi nel risputare come fanno i cannibali nella Polinesia orientale per dare l'estremo saluto ai lori cari... smise lasciandomi un tronco di legno duro tra le gambe: in quel momento di requie cercai di scappare per una fessura. Farmi liquido come vino rovesciato e svanire tra le assi del tavolo. Nascondersi come un ragno nel buco del muro. Il mostro mugolò e io scomparvi in un buio che mai avevo visto così buio. -Esci!- si mise a urlare la Gorda. -Il tuo compito è uscire e entrare e uscire e entrare e non solo entrare-... Ma io ero troppo furbo e non sarei mai uscito da quel fortuito nascondiglio. Urlai:

-Oh Gorda! Io non so dove sono, ma tu non mi avrai!
-Sei dentro di me imbecille!

Come Giona nella pancia della balena ero un uomo dentro a una Gorda. Urlai, ma scoprì ben presto che nessuno ti sente urlare dentro una Gorda. Mi agitai come un moscerino dentro a un bicchiere capovolto. Poi stanchissimo iniziai a chiudere gli occhi...

La mattina dopo mi svegliai nel mio letto con il mio pigiama e non c'era più nessuno e c'era solo il Maestro e tutto era come prima. Ma ancora tremo se penso ancora a quella Voce di cui è tutta la colpa...

Antonio De Oliveira Salazar  

venerdì 2 dicembre 2016

Dove andare in vacanza il 2 dicembre




A cinque passi in su dal Po, sotto Pavia e a nord della Turchia, sta San Nazà, paese di qualche mila anime che brucano in una terra che a volte ha l'odore del riso. Marta è casalinga, ha una Passat grigia, ha un naso imponente, "longobardo" dice lei. Vede le Alpi. Marta è molto bella e non lo sa. Perché perdere tempo a progettare di andare a Vicenza o a Parigi per Capodanno quando puoi andare oggi a gustarti a gratis una raffineria in fiamme? Lo scoppio alla fabbrica chimica tedesca te lo sei perso? L'incendio al deposito di pneumatici in Svizzera pure? Dai, fai un salto. Il fumo sale velocissimo verso l'azzurrino cielo dicembrino. Eni. Fai una foto, un autoscatto; ti metti lì con la tavolozza e fai il Segantini di turno. Poi puoi anche andare a fare un bagno freddo nell'Agogna. Consiglio: vacci con chi ti piace, ti divertirai di più. Partenza alle 10:00. Arrivo alle 11:30 o alle 12:00 se sei lontano. Portati una sciarpa, gli occhiali non scordarteli, un binocolo, un fazzoletto da naso (meglio se di tela, no di seta). Pensa quella cosa senza nome fatta dalla pianura, la raffineria, le fiamme e la colonna di fumo come a un albero di Natale in piazza. Mai la scorderai. Altro che Sistina. Selfie. Di ritorno consigliamo cena tradizionale in ristorante vuoto. Coperto: 3 euro. Se chi ti piace l'ami pure allora è il momento di componimenti poetici amorosi, canori anche, se non hai cibo in bocca. Non c'è barra spaziatrice che possa trattenerti. Un venerdì di quelli che non scordi. Se sei solo e la cena tradizionale nel ristorante vuoto non ti garba valuta di fare una capatina al Colosso di Arona, sul Lago Maggiore, oppure, se hai bisogno di fare la spesa, consigliatissimo è il centro commerciale Bennet di Novi Ligure, comprensivo di bar-gelateria (cono con pistacchio, nocciola, giovanna e panna montata).

L'animo del Giaguaro

domenica 23 ottobre 2016

In difesa di Fedor Pavlovic Karamazov

Nota: nel seguito verrà utilizzato il termine Avere coscienza con l'intenzione di indicare quel modo di pensare più concreto del pensare e basta. Un malato in maniera mortale può pensare serenamente al suo male, ma non può essere tranquillo quando ne ha coscienza.


Siamo di fronte a un mondo che ha perso i contatti con Dio. Inevitabilmente. Non si fa più sentire. Siamo digiuni di traversate del Mar Rosso e di acqua che diventa vino. Ci restano quindi gli atei e gli pseudo atei. 
Le due categorie (atei e pseudo atei) si ritrovano su due fronti diversi, litigano, ma fondamentalmente rientrano tutti nel calmiere che si sente orfano di Dio. Le sfumature tra i due si limitano soltanto a una questione di moda. Entrambi stanno dal versante che ritengono più cool.
Gli atei e, non gli autodefinenti atei, sono coloro che non solo non sentono più Dio e sono offesi da questo (come tutti), ma terribilmente arrabbiati con il loro Padre hanno deciso che non esiste: sono il ragazzino che, abbandonato in tenera età dai genitori, rifiuta in maniera categorica di essere stato abbandonato e si inventa storie pazzesche sulla sua genesi (sono una scimmia che ha perso i peli che a sua volta era un luccio che non aveva i peli che a sua volta era un batterio che passava le giornate a spezzarsi in due). 
Gli pseudo atei sono tutti coloro che in una qualche maniera pensano in maniera asettica all'esistenza di Dio senza però viverlo in maniera cosciente: tra questi andiamo dal papa all'intellettuale pascaliano. Il loro credere però non è una cosa conscia è come credere nell'esistenza dell'Africa senza mai esserci stati. Se ne prende atto, ma è un concetto astratto fine a sé stesso. 

Se ci fosse qualcuno che crede veramente, in maniera conscia. Se avessimo una persona che ha parlato con Dio come i vecchi profeti, vedremmo le montagne spostarsi e i fulmini piovere sui bestemmiatori, ma non ci è fatta grazia di questo miracolo.

Fatta questa presentazione, andiamo al punto. Il fatto che bene o male, nessuno senta veramente l'esistenza di Dio ci porta al punto successivo: perché vivere? su questo problema ci stiamo sbattendo la testa da tremila anni. Spiegandosi meglio: se Dio esiste e io ne ho coscienza, anche se non so perché vivere, comunque in lui è già compresa la risposta all'interrogativo e, sì, sapere che comunque da qualche parte un essere sa perché bisogna vivere è comunque più confortante di pensare che da nessuna parte ci sia qualcuno che sa perché vivere. 

Ma siamo tutti dell'avviso che da nessuna parte ci sia qualcuno che sa il perché. Quindi a livello del tutto naturale potremmo anche farci prendere dal panico. Gente potrebbe perdere la testa e ammazzarsi (totalmente a caso). Alcuni potrebbero fingere per tutta la vita di aver visto Dio pur di non ammettere la sua non presenza. E poi c'è l'eroe: Fedor Pavlovic Karamazov.
 
Fedor Pavlovic Karamazov è un miracolo. Padre dei fratelli Karamazov è l'incarnazione del vizioso e dell'attaccamento alla vita: il suo Dio è il corpo. Lui si erge di fronte al Nulla. Sputa in faccia ai propugnatori di ideali e gli fotte il portafoglio. Deruba il figlio per comprargli la sua donna. Imbroglia il povero e non ama nessuno. Di fronte ai diavoli che lo artigliano per portarlo all'inferno si aggrappa alla coppa della Vita e non si fa tirare giù e beve. Fedor Pavlovic non sa se esiste Dio, non sa cosa sia giusto o sia sbagliato, ma sa che fino a settanta anni dovrà prestare servizio al padrone più dolce di tutti. Piacere lo tiene legato al guinzaglio e lo conduce dove meglio starà. Fedor non è libero, ma a che cazzo serva la libertà quando godi? I seguaci della libertà e degli alti ideali sono solo un branco di spocchiosi che se non stanno più in alto degli altri non stanno bene. Fedro Pavlovic sta in basso, sulla sua testa volano pseudo santi e i grandi brillano in alto come stelle: che brillino e non rompano il cazzo! finché Piacere lo tiene al suo tavolo, Fedor Pavlovic starà bene e di voi che vivete in deltaplano e il cui unico piacere e cagare a duemila metri su i levrieri di Piacere, e il resto è solo invidia per loro, non gliene frega un cazzo. Fedor Pavlovic nel naufragio dipendente dal fatto che Dio non si fa sentire, dà la risposta più semplice e ragionevole: non si spara, non si impicca, non fa la guerra, non rompe i coglioni ad altri, ma diventa monaco di Piacere e sta bene.

Quando Dio mai darà spiegazioni Fedor Pavlovic si darà una ripulita e darà un lungo ultimo bacio di addio a Piacere e farà quanto è necessario. 

Antonio De Oliveira Salazar

domenica 9 ottobre 2016

Come far su una canna.

La preparazione della canna si suddivide in 3 fasi: preparazione materiale, preparazione mista, chiusura.

Fase 1: preparazione materiale.

Esiste una lista di attrezzi che io qui definisco “necessari”, ma non perché senza di essi si debba mettere via l’idea di far su o rimandare a un momento più propizio, semplicemente perché il seguente elenco contiene il materiale preferibile, la prima scelta, che permetterà una migliore resa del prodotto finale. La filosofia dei fattoni è che ogni elemento è sostituibile, a parte ovviamente l’erba o il fumo chiamati in questo contesto “materia prima”. Per tutti gli altri oggetti indicherò a tempo debito i giusti sostituti, nel caso la prima scelta non sia disponibile.
Ovviamente il progresso ci porta a una strumentazione di qualità sempre più elevata e che porta a risultati migliori e in tempi minori, ma non mi lascerò prendere dalla filosofia tecnologica ed esporrò il metodo classico.

Il materiale necessario per far su è il seguente:
  • grinder
  • cocca
  • filtro di carta
  • cartina lunga
  • sigaretta
  • erba o fumo
Evidenzio un concetto: le fasi 1 e 2 non devono per forza avvenire in quest’ordine cronologico (anche se è consigliato che lo siano); sovente capita che le due fasi vengano assegnate a due persone diverse, soprattutto per accorciare i tempi e per evitare che uno abbia su di sé tutta la sbatta.

Parliamo del primo oggetto in lista, il grinder: questo serve soltanto nel caso in cui si abbia l’erba, se si ha il fumo (hashish) è perfettamente inutile. Un ottimo sostituto del grinder è il grattugino, una tessera metallica forata, delle dimensioni di una carta di credito, molto comodo soprattutto perché lo si può tenere nel portafoglio. Nella prossima fase spiegherò anche come fare se non si ha a disposizione nessuno dei due.

La cocca è la ciotola in cui si prepara la mista. Ha questo nome perché una scelta classica è una mezza noce di cocco (ovviamente svuotata, seccata e pulita). Come alternativa si può usare una qualunque ciotola che sia abbastanza liscia, pulita, vagamente tondeggiante e comoda da maneggiare. Un esempio è una pallina da tennis ammezzata. Ovviamente anche in questo caso se ne può fare a meno e mettere la mista su un tavolo o un piano pulito o in mano.

Il filtro di carta viene fatto a partire da un foglietto rettangolare di cartoncino non troppo spesso, ma più spesso di un foglio di carta. Per avere un’idea il cartoncino deve avere una dimensione doppia dell’altra e la dimensione più corta deve essere lunga circa quanto è lungo il filtro di una normale sigaretta. In tabaccheria e nei negozi specializzati vengono venduti dei cartoncini con cui fare i filtri, questi sono ottimi perché hanno le giuste dimensioni e spesso anche dei taglietti che guidano la preparazione del filtro stesso. Le alternative usate più di frequente sono: biglietti del treno o del bus, biglietti da visita, flyers delle discoteche… Ovviamente questi vanno strappati in modo da ridurre le dimensioni.
Per preparare il filtro si prende il cartoncino dal lato corto e si fanno 4 pieghette alte circa 2 mm, una dopo l’altra in stile fisarmonica; dopodichè si arrotola il resto del cartoncino attorno a questa fisarmonica fino ad ottenere un cilindretto (fate in modo che sia il più regolare possibile) il cui diametro sia di 4/5 mm. Una indicazione della qualità del filtro (oltre alla regolarità del cilindro) si ottiene guardando la base del filtro: si dovrebbe vedere che la fisarmonica si sia disposta a forma di M. Ci sono tanti altri modi per fare un filtro e, in generale, questi si distinguono in base alla lettera che si vede guardando la base del filtro: esistono anche filtri a S, a O, ecc…

La cartina è difficilmente sostituibile. Invece di una lunga si possono incollare due cartine corte: si lecca il primo pezzo di colla di una e la si va a incollare sul lato corto dell’altra, dalla parte in cui non verrà messo il filtro, dopodichè si strappa la carta in eccesso. È importante guardare da che parte attaccare la cartina perché una parte della cartina lunga così formata non avrà la colla: si vuole che quella parte non sia la stessa in cui c’è il filtro (zona che richiede un’ottima adesione per mantenere salda la struttura). Tra le marche di cartine più famose, personalmente preferisco le OCB, in secondo luogo le Rizla e infine le Smoking.
Se non si ha la cartina è altamente consigliato cambiare tipo di fumata: bong, cilum, pipetta…
Se si è proprio disperati si può usare luna pagina di un libro che abbia una carta il più leggero possibile (ad esempio la Bibbia).

Come sigaretta ci si accontenta di una qualunque, potendo scegliere prendetene una il cui tabacco non sia molto forte e non copra il sapore dell’erba. Il tabacco delle sigarette è preferibile al tabacco sfuso perché più comodo da mescolare e da rollare.
Se non si hanno sigarette o tabacco si può far su un purino (solo erba).

Fase 2: preparazione mista

Se si fa su con l’erba si prende la quantità di erba desiderata (la quantità varia molto in base a qualità dell’erba, assuefazione, scimmia…) e la si sgrinda, ovvero la si mette nel grinder, cercando di evitare la zona centrale, si chiude il grinder e si gira il coperchio per una decina di secondi, alternando rotazioni orarie e antiorarie. Fatto ciò si apre il grinder e si mette l’erba sgrindata nella cocca, sbattendo corpo e coperchio del grinder un paio di volte per far cadere anche i pezzettini più incastrati. Se si ha la grattugia semplicemente la si posiziona sopra alla cocca e si gratta l’erba sui fori. Se non si ha nulla si staccano a mano piccoli pezzettini, uno per volta.
Se si dovessero trovare dei semi nell’erba toglieteli.

Se si vuole usare il fumo l’obiettivo è staccare dei pezzetti di fumo il più piccoli possibile, eventualmente scaldando il pezzo o facendo prima una bisciolina per rendere la cosa più facile. Ci sono tanti più modi per far su col fumo rispetto all’erba, ma non mi ci soffermerò.

Una volta che la cocca contiene l’erba o il fumo si procede ad aggiungere il tabacco della sigaretta e a mescolare BENE il tutto aiutandosi con una chiave, una sigaretta o semplicemente con le dita. La mista deve essere il più omogenea possibile. Come quantità indicativamente si fa un metà erba e metà tabacco (sarebbe meglio 2/3 e 1/3, se si ha la capacità di sostenere la fumata o si è in tanti). Se si ha il fumo si mette una sigaretta intera. Non buttate il filtro della sigaretta che tornerà utile alla fine.

Fase 3: chiusura

Durante questa fase lavorare tenendo la cocca (o un piano) sotto le mani in modo da poter recuperare l’erba che eventualmente cadrà.

Disporre la mista nella mappa sulla faccia in cui c’è la colla, in modo che, dei due lati lunghi, quello con la colla sia all’esterno; inoltre la mista non deve occupare tutta la cartina ma bisogna lasciare lo spazio per il filtro (senza metterlo per ora). Chiudere in due la cartina facendo in modo che pollice e indice di ogni mano si tocchino; mettere le dita (tenendole chiuse) di entrambe le mani dalla parte in cui ci sarà il filtro; tenendo fissa la mano più esterna far scorrere l’altra verso l’altro lato tendendo chiuse le dita e facendo contemporaneamente scivolare su e giù pollice e indice di entrambe le mani, facendo in modo che la canna inizi a prendere la sua classica forma conica. Ripetere l’operazione un paio di volte. Per far capire, il movimento su e giù che va compiuto con le dita è simile a quello che usiamo noi italiani per definire il denaro con un gesto.

Mettere il filtro nell’alloggio che gli era stato riservato, appoggiandolo per metà fuori e metà dentro sulla cartina e poi spingendolo verso la mista, in modo da evitare che dei pezzi della stessa si infilito tra filtro e cartina.

Ripetere nuovamente la rollatura fatta in precedenza, mantenendo pollice e indice di una mano fissi sul filtro e facendo scorrere di lato l’altra, stavolta seguendo, per le dimensioni, la guida del filtro.

Qua si arriva al momento più delicato di tutto il procedimento, la chiusura vera e propria della canna. Ci vuole tempo e impegno per arrivare a fare una chiusura perfetta e una descrizione a parole come sto facendo io non potrà mai rendere l’idea quanto vedere questo gesto compiuto da mani esperte; perciò il mio consiglio è: se ne avete la possibilità imparate a chiudere una stufa osservando bene un bravo rollatore.
Mentre fate su e giù con le dita e contemporaneamente muovete di lato una delle due mani arriverete al punto in cui la mano che state spostando si trova nel punto in cui finisce la mista e la cartina è più o meno vuota da lì in poi; a questo punto scendete delicatamente con i pollici, più del solito, (e allo stesso tempo salite con gli indici dall’altra parte, ovviamente) fino a che il lato lungo della cartina che è a contatto con i pollici non smette di toccare l’altra parte della cartina e inizia a toccare la mista. Appena ciò accade fermate il movimento ed iniziate quello opposto, ovvero far risalire i pollici facendo però attenzione che il lato della cartina che aderisce alla mista continui a farlo e si infili di conseguenza sotto all’altra parte della cartina (questa è la genesi vera e propria della canna). Adesso continuate il movimento nello stesso senso e cercate di avvolgere la cartina rimasta fuori alla giolla appena formata fino a che rimarrà fuori soltanto la striscia di colla. Tenendo ferme le dita e bloccata con delicatezza la canna, leccate la colla in tutta la sua lunghezza e, partendo dalla parte opposta del filtro iniziate ad incollare la cartina alla canna, scendendo pian piano fino ad arrivare a chiudere la cartina sul filtro (fate attenzione che sul filtro la chiusura deve essere bella stretta).

La parte cruciale della fase 3 è terminata. Adesso mettete la canna in verticale, col filtro in basso, e fatela gentilmente battere su un piano rigido in modo che la mista si compatti il più possibile. Per migliorare ancora la compattezza prendete il filtro della sigaretta (o qualcosa di simile: una penna, una matita, una chiave…), inseritelo sulla cima della canna e pressate ulteriormente la mista (sempre senza esagerare con la forza).
Infine arricciate la parte di cartina rimasta libera in cima alla canna.

Questa è la chiusura classica. Un modo alternativo ma molto efficace e di qualità per chiudere è la “chiusura a bandiera”; questo metodo, che non andrò a esporre, permette di eliminare una parte di carta e di usare solo la quantità indispensabile (meno carta si fuma, meglio è).



Vige la regola importantissima del “chi arriccia, appiccia”, nel senso che colui che ha rollato la stufa sarà quello che la accenderà e il primo a fumare. Dopo di lui vengono chi ha messo l’erba e poi chi ha preparato il materiale o ha aiutato in un qualche modo, poi tutti gli altri.

Fanculo.

-Il Vecchio

giovedì 29 settembre 2016

2 Luglio 1901, Alabama

Sono le sei di pomeriggio e il sole non accenna a smettere di tormentarci, ma io ho la mia negra che mi fa ombra col suo culo e i suoi capezzoli sulla veranda della mia dimora, mentre il mio sguardo abbraccia la moltitudine di ettari di tabacco che possiedo. A un tratto compare di fronte al cancello una ragazza: rasta lungi, collane e braccialetti afrodemocratici, braghe sfattone, espadrillas e maglia di Che Guevara, puzza di Ganja ed è rabbiosa da far schifo: una studentessa di filosofia di Bologna in sostanza. 
"Che cazzo vuoi? Via dalla mia proprietà!"
"Capitalista! Sfruttatore! Schiavista! Sessista! Maschilista! Lascia liberi i tuoi schiavi e i lavoratori!"
"E perché dovrei?"
"Perché gli uomini meritano la libertà!"
"E chi lo dice? Dov'è scritto?"
"Come chi lo dice? È la giustizia, i diritti umani! Come fai a non capirlo?"
"Io capisco solo che io ho la frusta e i negri no. Perché non dovrei usarla?"
"Perché sono esseri umani!"
"Lei crede in Dio? Segue i dettami di una religione?"
"NO! Oppio dei popoli, oppressione, bla bla bla, retrogradi, bla bla bla, passato, il progresso!"
"Nemmeno io signorina. E dunque siamo il risultato di un caso al quale nessuno ha dato inizio. Gli atomi si uniscono, si disgregano e così via, giusto? Esistono solo le leggi della materia e della scienza"
"Così dice Marx, vedo che non è ignorate anche se capitalista."
"Ebbene e quindi perché dovrei fermare la mia frusta? Tanto sto frustando atomi aggregatisi per caso no? Quindi chissene frega? Cos'è la dignità umana di cui cianciate, lei e i suoi amici fattoni di merda? Mettetevi in testa che siamo al mondo per morire e per godere del cazzo che vogliamo. Io mi godo i miei negri, lei faccia un po' il cazzo che le pare, mi uccida pure, ma almeno sia coerente e sappia che lo sta facendo per ingannare il tempo e soddisfare la sua volontà di potenza. Dio è morto baby, non sono più costretto a sentirmi suo fratello."
La tipa sta in silenzio per un po'. Poi si spoglia, mi raggiunge in veranda, mi fa un pompino, sputa la sborra in faccia alla negra e se ne va.
Il Tidide Diomede

lunedì 12 settembre 2016

Troppe lacrime sui terremotati: rischio di alluvione

Se nel 1883 a Casamicciola la terra non avesse tremato, forse Benedetto Croce non sarebbe diventato il più stimato dei filosofi italiani del suo tempo. Perse i genitori e la sorella, rimase sotto le macerie per ore. Continuò poi la sua vita a Roma nella casa del filosofo Silvio Spaventa. Senza sisma forse sarebbe rimasto a Napoli, forse si sarebbe laureato, forse non avrebbe mai conosciuto la filosofia, forse si sarebbe occupato solo di letteratura e di storia locale. I terremoti scuotono le vite delle persone in modi differenti. Per alcuni sono degli assassini, per altri degli agenti di sfratto, per altri ancora sono grandi spaventi e per i più sono solo un fresco tema di conversazione mattutina, tra un cornetto e un caffè. Ogni terremoto lascia dietro di sè un putrido mare di lacrime. Putrido perché alle lacrime di dolore si mescolano lacrime di compassione, di circostanza e di gioia. Le lacrime di compassione sono quelle dei più, i quali hanno un così grande, e quasi sempre inconsapevole, amor proprio da non riuscire a sopportare nemmeno l’idea che una tragedia tale sarebbe potuta abbattersi su di loro. Le lacrime di circostanza sono quelle di coloro che si conformano volentieri all'opinione comune, per convenienza o per idiozia. Le lacrime di gioia sono quelle di chi guadagna dalle disgrazie altrui, ad esempio, i giornalisti. Nei primi giorni di soccorso un cordone di Alpini si è valso con onore per limitare la forza dirompente di un’incontenibile folla di giornalisti accorsi ai piedi della tragedia. In una trasmissione della Rai un’inviata poco accorta (o forse più aggiornata sulle ultime tendenze in fatto di morale) non è riuscita a sentire in auricolare che cosa le stava consigliando di fare la conduttrice in studio, e cioè di non importunare i vigili del fuoco che stavano soccorrendo i terremotati, e così nulla gli ha impedito scomodarne qualcuno in diretta, per tentare di carpire qualche preziosissima informazione in esclusiva. L’intercessione di San Francesco di Sales è stata così efficace che il terremoto è andato proprio a collocarsi fra la fine delle Olimpiadi e l’inizio della stagione autunnale, in un periodo altrimenti esangue di contenuti spendibili per il palinsesto televisivo. Per alcuni i terremoti sono opportunità. Potrebbe sembrare inopportuno parlare del terremoto come di un’opportunità (se non altro per evitare il gioco di parole) ma è proprio l’unica cosa che è possibile fare in questi frangenti per proteggersi dall’alluvione.

L'animo del Giaguaro

martedì 6 settembre 2016

Contro El Pipita.

Higuain sei un uomo di merda. Hai tradito il Napoli. L'unica squadra che ha il dovere di salvare il mondo. Gonzalo Higuain il tuo tradimento del Napoli è quello di Giuda con Gesù Cristo. Il Napoli morirà in Serie A per espiare i nostri peccati. Dopo la morte la squadra risorgerà. Appenderemo nelle chiese gli scudetti del Napoli calcio e faremo voto a Maradona. Il papa sarà il presidente del Napoli. E i miracoli saranno solo apparizioni di Lavezzi che dà i numeri dell'enalotto. E tutto andrà per il meglio. E sarà il Regno dei Cieli.
Ma te Higuain resti un uomo di merda.
Sei come la sborra nelle mutande dopo che la tipa ti ha sputato nelle braghe nel postpompino.
Sei un pacchetto di camel blu da venti perso prima del golpe.
Sei un buco di culo largo, la prima volta che la morosa ti fa fare anale.
Sei la farfalla bella che ti si infila dentro la cappella mentre pisci.
Sei un focomelico che non mette il braccio nel culo.
Sei un fenicottero marrone.
Sei un negro che sa scrivere.
Sei l'ebreo che non fa un buon odore in forno.
Sei una donna che fa i pompini coi denti.
Sei Juliana Morerira che si rifiuta di urlarti 'Gabibbo' nel sottopalla.
Sei un Brasile senza trans.
Sei Monica Vitti che non ti fa una sega con l'ascella.
Sei un pavone bianco che non vuole l'apartheid con i pavoni normali.
Higuain spero che un assassino di animali domestici ti confonda con un terranova.
Higuain spero che un coccodrillo usi il tuo scroto come borsetta.
Higuain spero che ti rubino il buco del culo e inizino a incularti a tua insaputa: improvvisamente ti sentirai un cazzo nel colon e non saprai perché.
Higuain spero che la flotta giapponese ti confonda con una balena e inizi a darti la caccia: non potrai più avvicinarti alle fonti d'acqua senza rischiare di essere arpionato.
Higuain spero che ti erutti addosso la Mole Antonelliana al posto del Vesuvio.
Higuain spero che una famiglia di albanesi ti occupi il buco del culo come casa.
Higuain spero che finitala terza guerra mondiale ti dividano in Higuain Est e Ovest e ti costruiscano un muro in mezzo.
Higuain spero che scopri di essere francese.
Higuain spero che tutti i napoletani si facciano una sega pensando a tua mamma e ti riempiano le scarpe di sfacimma.
Higuain spero che muori male.

Antonio De Oliveira Salazar

lunedì 5 settembre 2016

Epitaffio della Coerenza

La cosa che più detesto di voi Ignoranti democratici è la bambinesca incoerenza che vi trascinate appresso.
Non tanto per le mode più (Facebook, Instagram, Youtube…) o meno (Bruno Mars, Fabio Volo, Enrico Mentana…) passeggere a cui vi aggrappate con tanto orgoglio. No.
Ma per il fatto che vi state pulendo il culo con la stessa bandiera democratica dietro cui riparate quando i proiettili cominciano a fischiare: insomma, siete dei vigliacchi figli di puttana.
Di cosa sto parlando? Ve lo riassumo in due o tre recenti avvenimenti.

Primo: BREXIT
Un sistema democratico, in cui LA MAGGIORANZA ha deciso di dire no a un’istituzione sovranazionale.
“Sì siamo usciti, ma ci prendiamo altri quattro o cinque anni per riflettere bene sui dettagli…”
“Era un voto di protesta, non immaginavo che saremmo veramente usciti!”
“Ho sparato con un AK47 su una folla di manifestanti, ma non immaginavo che i proiettili potessero uccidere!”

Secondo: VIGNETTA DI CHARLIE HEBDO A PROPOSITO DEL TERREMOTO
Quando erano quei “bastardi islamici dell’ISIS” a offendersi per le vignette su Maometto li chiamavate “selvaggi incapaci di autocritica”. Quando però il cinismo e l’umorismo arrivano a grattare la vostra pelle “non ha più senso”, “richiede scuse immediate”.
Secondo me, l’unica cosa da richiedere è la condanna a un anno di savana, senza tutti quei mezzi tecnologici che sareste incapaci di riprodurre da soli. Fareste fatica pure a decidere qual è il nord e quale il sud, e probabilmente anche a distinguere tra prede e predatori.

Terzo: FERTILITY DAY
Campagna insensibile e irrispettosa! “Avessi le possibilità economiche lo farei!” “Se avessi una relazione stabile e un uccello fedele da cui farmi chiavare lo potrei fare!”
Può essere, ma sta di fatto che nemmeno un decimo di voi avrebbe le cognizioni non dico morali (e sappiate che la vostra morale ci disgusta), ma nemmeno intellettive, fisiologiche e umane per crescerlo.
E in tutto questo, nessuno che si sia posto la domanda: “Il ministro dice che rischiamo la deflazione demografica e dobbiamo trombare. Ma… un attimo! Se tutto il mondo continuasse a crescere del cinque per cento annuo, tra mille anni ci sarebbe spazio per tutti?” La crescita zero è l’estremo regime demografico che permetta l’utilizzo ciclico e compatibile delle risorse di un sistema limitato (supposto che le risorse si rigenerino a un ritmo compatibile con quello della specie che le consuma); tradotto: gli unici modi che l’umanità conosce per contere l’esplosione demografica sono carestie, epidemie, guerre, data la mancanza di predatori naturali.
E se poi capitasse sciaguratamente che doveste mettere al mondo un figlio?
Be’, lo fareste studiare; chi ha voti alti trova buoni posti di lavoro, e buoni posti di lavoro significano tanti soldi. Ma vi rendete conto che state trattando la cultura come la vostra puttana? Fate schifo.
Cultura non è erudizione, bensì il più dolce connubio della razionalità tra spirito di osservazione e sensibilità, memoria (e dunque anche erudizione), capacità di sintesi (che
significa approssimativamente “mettere insieme i pezzi in un ordine logicamente coerente”; il greco ve lo risparmio); un voto alto non significa un cazzo; studiare chimica, fisica, teologia negativa fin dalle superiori non significa un cazzo; il Liceo senza latino non significa un cazzo. Voi non significate un cazzo.

E di questo, almeno, ci rallegriamo.

Hirohito

mercoledì 24 agosto 2016

Nota sull'imborghesimento della capitale

Una palestra.
Tutti sollevano ghisa mentre si scrutano spavaldi. Il Tedesco non regge più la tensione, la sente tutta: scaraventa sul Polacco il proprio bilancere da seicento chili (per parte). Il personal trainer Francese si incazza perchè la sua scheda per il Polacco oggi non prevedeva il bilancere; l’Inglese istruttore di aquagym comincia a pestare i piedi nell’acqua della piscina (dalla sua isoletta del cazzo) indirizzando gli schizzi al Tedesco perchè tanto sa che se la prenderà col Francese. Il Tedesco si imbestialisce e tatua una svastica in faccia al Francese a forza di cazzotti; I denti del francese cadono in acqua e l’Inglese se la ride mentre il Tedesco gli lancia biciclette da spinning senza centrarlo.
Arriva il Russo. In un’ora di allenamento ha sfondato dieci sacconi; poi, ha appeso il Polacco insieme al bilancere del Tedesco e ha cominciato a pestare anche loro. L’Italiano (come sempre) e’ al bar col Negro a prendersi un caffè. Il Giapponese tira pesetti da figa da 1kg contro l’Americano che sta facendo panca piana massimale. Il Giudeo è stato preventivamente rinchiuso nella sauna.
Il Tedesco e’ frustrato dall’Inglese: non sa nuotare e non può andarlo a picchiare, e allora decide che è venuto il turno del Russo, lanciando l’ultima bicicletta da spinning sulle sue enormi spalle; ma il Giapponese continua a menarselo infastidendo l’Americano: alla fine, uno dei suoi pesi da fighetta rovescia il Gatorade USA sul pavimento unto di sudore; il gigante allora si alza, la sua ombra incombe sul Giapponese che scappa al bar insieme al Negro e all’Italiano.
Cazzi amari per il Tedesco. Un uno-due secco: gancio Americano, montante Russo. KO e denti sul parquet.


I denti del Tedesco sono mattoni.
Cambio di scena: gara estetica tra due architetti.
Il primo, ha riprodotto la Porta di Brandeburgo completa di Reichstag, mentre l’altro alla meglio ha ottenuto una torre sbilenca policromatica, priva anche di qualunque significato post-moderno; fa schifo. Allora l’idea gli balena lampante: per vincere deve interdire all’altro l’uso dei mattoni; anzi, ancora meglio! Gli costruisce un muro intorno usando i mattoni. Vinto.


Mi sveglio.
Gesù sta finendo uno spinello: “Il posto di oggi aveva una gran birra!”
“Lo preferivo prima, quando c’erano topi e blatte che scorrazzavano sul pavimento. Questo posto sta diventando turistico.”
Fumo lo sbirro.
“Vivere qui significava vivere dentro una pentola a pressione mentre praticavi del fisting con dei missili nucleari; e soprattutto, avere la consapevolezza di averne infilata nell’ano una parte molto più grossa di qualunque altro posto sul pianeta.”
Con calma olimpica, Gesù mi fissa solenne: “Meno male che alla fine i Russi si sono arresi.”

Hirohito

sabato 13 agosto 2016

Comunicato sui recenti tragici fatti.

Di recente è stata chiusa la nostra pagina fb per motivi del cazzo. Sempre dalla parte censoria della società e da quella di coloro che applicano l'autorità a caso applaudiamo il gesto. Sempre stati a favore di qualsiasi tipo di violenza.
Questo non toglie che:
1. La redazione come simbolo di solidarietà con sé stessa ha tirato fuori i cazzi dalle mutande e così resterà fino alla riapertura della pagina.
2. Ogni ora uccidiamo un negro per noia.
3. Abbiamo pagato quattro anni di palestra a una legione di down per farli trionfare alle prossime olimpiadi.
4. Abbiamo sviluppato un'app per iphone che si chiama Focomelico Go che permette di trovare i focomelici nella tua città, catturarli e minacciarci le belle donne.
5. Segnaliamo le cose democratiche su fb, tipo le foto pro negri e di cuccioli.
6. Rovineremo la festa di laurea di Alle il Democratico.
7. Quando cago conservo la merda per tirarla addosso ai server di fb.
8. Non sapendo chi ci ha segnalato siamo della filosofia che ogni persona che uccidiamo potrebbe essere quella che ci ha segnalato.
9. NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO NEGRO.
10. Affiliamo le lame.

Antonio De Oliveira Salazar

mercoledì 15 giugno 2016

Cafarnao è New Orleans [Milano/New York. Andata]

I sacerdoti del tempio girano come lucci neri per le strade di Cafarnao, l'emoroissa li guarda imbottigliando il suo sangue: rosso per pittori rinascimentali italiani. Pietro nuota a dorso nel cielo viola che azzanna con i denti la città:- Il Blu di Prussia è il colore degli innamorati. dice, e intanto spara a galli che cantano spiritual tre volte. Giovanni sta in piedi sull'uscio del Cotton Club: scrive l'apocalisse ascoltando i ruggiti di Ellington mentre l'orchestra con una sedia cerca di ammaestrare il maestro: Dizzy Gillespie guarda angosciato gli occhi del felino africano del duca; Giovanni vede i 4 cavalieri allucinato  fumando piano (quasi sussurrato). Una gentile per terra implora Gesù per un altro bis, ma lui suona solo per i fratelli del ghetto; lei insiste, supplica per la vita del figlio: in un miracolo blu il giovane viene sorretto da My funny Valentine. Un treno viola investe un cane giallo sulla rotaia, Giuda lo raccoglie e lo impicca nel Quartiere Francese. Erode mena male un vecchio clarino al palazzo reale mentre Sidney Bechet, alias Matteo, cerca di inzuppargli le ance nell'acido lisergico: Erode vede Lester Young a cavallo del suo tenore irrompere nella casa e sparare contro i quadri choc delle nobiltà dell'Alabama. Erode racconta una barzelletta razzista, una di quelle barzellette dove alla fine il negro si dimentica di santificare le feste e Mosè lo trasforma in cotone condannandolo per l'eternità a raccogliersi da solo.
-Rabbi!
-Big butter egg man frome the West.
Gesù improvvisa una predica sulla montagna. Discorso pazzesco. Cafarnao suda ballando sul suo discorso.
Fitzegerald prende nota:- Le scale blues ci stanno... ma dovete fare più miracoli!
Kaifa, siluro nero, arriva come un proiettile e uccide Gesù. I dodici apostoli jazz&funeral band suonano nel sepolcro. Gesù risorge.
New Orleans muta.

Antonio De Oliveira Salazar  

mercoledì 8 giugno 2016

Smettere di fumare

Quindi... hai deciso di smettere di fumare



E perché?

Perché mi stavo annoiando.

Ma hai iniziato a fumare per noia.

Sì, ma dopo mi annoiavo.

Capisco. Sigaretta?

Sì, grazie.

(si mette a fumare)

Perché hai rincominciato a fumare?

Perché mi stavo annoiando.

Per lei cosa significa la sigaretta?

È una torcia per tenere lontano la belva

La belva?

La Noia.

Da quanto era che non fumavi?

Quindici giorni.

Cosa provi?

È come se al posto della prima sega ti avessero fatto il primo pompino. Direttamente. Il pompino me lo sta facendo Caludia Cardinale.

Da giovane?

Da vecchia. Mi piace riempirle i bargigli di sperma. Mi piace il liscione.

Com'è stato non fumare quindici giorni?

Hai presente quando ti staccano tutti i nervi dal braccio e poi li danno in pasto a dei roditori famelici che puzzano di morte?

Ti sei sentito così?

No, in realtà no. È un po' come quando ti lascia la tua prima ragazza e tu resti lì a fissare il muro. Una prima ragazza che ti mangia brani di polmone e ti uccide, ma che alla fine ti riempiva la giornata.

Quindi tornare a fumare è come tornare con il tuo primo amore?

Sì. Un primo amore che ti vuole mangiare e soffocare con uno straccio da meccanico... ma che ti riempie la giornata.

(Entrano in scena un miliardo di negri e dichiarano che il futuro sono loro e che per queste discussioni del cazzo non c'è più posto e che adesso è il momento di costruire capanne per tutti loro e radere al suolo i campi di grano e fare solo dei CAZZO di bananeti.)

Antonio De Oliveira Salazar

domenica 29 maggio 2016

Il Mercato di Versilia

Domenica pomeriggio. Piazza degli Armadi. Versilia.

Seduto in un bar ad uccidere Noia e sigarette, sento versi e gemiti provenire dalla piazzetta dietro il portico.
Mi alzo, senza pagare.
Il paese deserto.
Giro l'angolo e vedo la piazza ghermita di gente.
C'è il mercato.
Le bancarelle ed i bazar son disposti in circolo, come un enorme anfiteatro.
E' la bolgia.
Non vedevo uno spettacolo cosi dalla notte di Santa Valpurga.
Giovani donne scappano verso il centro, inseguite da sandali  antropofagi. Piangono e chiedono aiuto.
Arrivano gli stivali a finire il lavoro, le denudano e le praticano un footing anale.
Gli uomini più coraggiosi muoiono sotto i colpi di cinture in pelle di coccodrillo inferocite.
I bambini muoiono tra le spire di sciarpe Kashmir.
C'è sangue ovunque.
I mercanti impaziti lanciano soldi, scommettono e liberano i loro capi più feroci nell'arena.
Mi fermo al bordo ad ammirare lo spettacolo.
Tante sono le vittime, ma altrettante entrano nella piazza, e da li non si esce.
Ordino un Montenegro.
 Ad una certa vedo tra la folla che entra il Vate D'Annunzio, nudo con gli occhi del diavolo, ed una erezione degna del più nobile libertino.
Entra ed inzia a recitare:
"Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; "

pisca, urla, caga in bocca ad i cadaveri;

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.

sborra, lecca la sua merda, sputa ovunque;
Poi pensa alle cicale.
Esseri di merda, maledette figlie di puttana.
Perde la testa!
Corre come un pazzo infierendo su ogni bambino morente.
Poi si ferma, si fa serio.
Prende una corona d'alloro, e si siede in cima alla bancarella più alta.
Un secondo si silenzio.
I dannati chiedono pietà.
Lui ferma tutto si alza, fa un elicottero, ed alla fine l'erezione è andata via.
A quel punto i mercanti capiscono. Il mercato è finito.
Come ogni spettacolo che si rispetti, per concludere fa entrare un prete ed un Armadio e si celebra il funerale all'Armadio.
Finita la comunione si uccidono i superstiti.

Mi trovo solo in piazza con un centauro che bestemmia perchè la macchinetta del parcheggio gli ha mangiato il resto.

Non ho pagato il Montenegro.


-Prometeo

sabato 7 maggio 2016

Il pene e la radice maschilista dell'antidemocrazia

Oggi, 6 maggio 2016 ricorre l'anniversario della nascita di Freud. Vi sono buoni motivi per celebrarla: primo di tutti è che sapendolo essere nato 160 anni fa questo significa che è anche morto e la morte di un ebreo è sempre un'ottima cosa. In secondo luogo il caro giudeo d'oltralpe ha mostrato al mondo l'importanza del pene nella psicologia.


"Ah grazie, anche io che son negro so che il pene è importante, sennò non si scopa e non si fa figli!".



Taci! Negro di merda, direbbe D'Annunzio, e ne avrebbe ben donde. Procreare è il più infimo compito del pene. È evidente infatti come un tale strumento sia innanzitutto un simbolo, simbolo di potenza, di volontà di potenza, di poter sottomettere gli altri e di esercitare la propria antidemocrazia. Il suo stesso essere al di fuori del corpo mostra come la sua natura sia di voler uscire, andare oltre, conquistare e sopraffare, mentre la vagina, tremolante e paurosa figa, rientrando in sé stessa dimostra paura e vigliaccheria. Il pene è fatto per entrare, prendersi ciò che è suo di diritto, e se non è suo diritto, ci sborra sopra e diventa suo diritto.
Perciò, compagni camerati, tirate fuori il vosto pisello, la verga, il cazzo, la minchia, l'uccello e prendetevi ciò che è vostro: TUTTO.


Il Tidide Diomede

mercoledì 27 aprile 2016

Khomeyni

L'ayatollah stava sdraiato su mille divani sfondati ricoperti di porpore e damaschi. Fissava il Gran Visir fumare da un narghilè viola un fumo verde. Stava seduto (il G.V.) su un materasso preso via dalla spazzatura. Un materasso dorato. Rifletteva (l'ayatollah) sulla rivoluzione iraniana fissandosi le nocche dure da contadino. Pensava a costruire barricate contro la borghesia occidentale senza pensarlo in questi termini. Per l'esattezza stava pensando che Teheran è più sexy d'autunno.
-Pezzo di merda, potresti fumare un po' più fuori dalla finestra?-
Il gran visir borbotta qualche blasfemia e si sporge fuori dalla finestra sognando un terrazzino, un'epoca mite e un'odalisca per cui ammazzare Giovanni Battista.
L'ayatollah riflette.
Si rigira tra il rosso delle porpore e lo sfondato dei divani. Il turbante è nero. La barba bianca. Il vestito buio.
-Prenda nota gran Visir: voglio educare alcuni agenti dell'Islam inc. che vadano in giro per le strade dell'Occidente a pugnalare cani domestici per strada.
-Scrivo.
L'ayatollah è soddisfatto.
-Scriva: si devono mangiare solo granaglie scondite e fare stretching per vivere.
-In che senso?
-Nel senso che Allah Dio cane.
-Ah...
L'ayatollah s'eclissa un attimo.
-...E' una regola di vita. Lei ha mai sentito parlare di regole di vita?
-L'unica regola di vita che conosco e' che devo finire un pacchetto morbido di camel blu al giorno.
L'ayatollah si mette a leggere un libro di teoria dei numeri e chiude la conversazione. Una volta aveva detto che la teoria dei numeri era un modo per interpretare il Corano.  Le parole esatte erano state:-Il teorema di Fermat si dovrebbe chiamare 'la prova matematica della giustizia della Shari'a'.
Il Gran Visir canticchia qualcosa agli alberi persiani fuori dal palazzo coabitato nella Teheran rigurgitante abitanti e pensa che l'ayatollah assomiglia terribilmente a San Francesco.
Una formica inizia a camminare tra le mattonelle. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra.  E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra.  E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra. E un'altra.
L'ayatollah le guarda seccato e con un briciolo di angoscia nel lago del cuore (galleggia (il briciolo di angoscia) inquietante come un pesce siluro morto nel Po). Pensa che ha fatto la rivoluzione in Iran e può anche annientare delle cazzo di formiche. Le guarda da vicino. Le studia. Le segue. Loro lo fissano. Sono solo come tanti piccoli occidentali spaventati dalle sopracciglia a punta del cuore dell'Islam. L'ayatollah sta a culo per aria.
-Ayatollah cosa fa?
Silenzio.
-Cosa fa?
-Sto leccando la figa mestruata di Oriana Fallaci.
Il Gran Visir torna a guardare fuori, mentre pensa  a che gusto puo' avere la figa mestruata di Oriana Fallaci. Giunge alla conclusione Verde smeraldo affumicato.
L'ayatollah inizia a schiacciare le formiche con i polpastrelli, ma per ognuna che ne ammazza cento gli si infilano nel turbante. Usa i piedi. Scalcia. Si distribuiscono ovunque. Tira fuori un vecchio AK47 e inizia a sparare pieno d'ira contro le formiche. Quelle muoiono, ma sono infinite. Iniziano a riempire la stanza. Allah interviene, schiocca le dita e ne muoiono un miliardo, ma non finiscono. Il Gran Visir inizia a fumarle nel narghile', ma per quanto fumi insetti, questi si centuplicano. La stanza si riempie di fumo viola carne di formica e di insetti neri.
L'ayatollah si siede e guarda il disastro in cui e' piombato l'appartamento nel coabitato di Teheran rigurgitante di abitanti e si mette a fare stretching indifferente all'ansimare della massa che lo vuole schiacciare.
L'Islam galleggia nell'aria come un formichiere alato che cerca bombe atomiche.

Antonio De Oliveira Salazar





domenica 20 marzo 2016

Bella raghi, però la pulite voi

21/ Aprile/ 1903
Eravamo al bar.
A un certo punto Antonio tira fuori che la fisica oggi ha risolto tutti i problemi. Tutti gli diciamo
Bravo Antonio
Poi arriva l'ebreo, quell'ebreo con i capelli spettinati e il maglione da genio e brav'uomo che va in bicicletta
Antonio, tu ti sbagli, ci sono dei problemi con la luce e con delle robe che ho solo in testa io e che tu non puoi capire che non sono stati risolti e che tra cent'anni diranno che avevo ragione io e tu no... Antonio

Un giorno un Mannaggia arriva e inizia a bruciare il tuo mondo. Ti aggrappi disperatamente allo scenario su cui recitavi la tua parte, ma un figlio di puttana gli sta dando fuoco e non solo lo distrugge, ma ti fa capire che è di carta. CARTA FINTA. Giri vestito in un mondo ormai nudo. Nudo come un ciccione. Imbarazzante. 

Ci alziamo. Antonio spacca una bottiglia. L'ebreo ci guarda non capisce. Tutti furbi finché non c'è da crepare. 
Teniamo fermo l'ebreo che starnazza come un'oca.
Antonio inizia a piantargli tanti frammenti di vetro nello scroto.
Marco inizia a tagliargli via dei brani di pelle dal culo scrivendo Mike Buongiorno.
Antonio una volta finita la bottiglia inizia a strappargli i nervi dal braccio e si mette a suonare una canzone del Lo stato sociale, mentre l'ebreo urla. URLA. URLA. 
(Il sulografo e la principessa ballerina inizia ad andare in sottofondo).
Inizio a leggere ad alta voce Piccolo mondo antico. 
Antonio prende un topolino e cerca di metterglielo nel buco del culo, ma il topolino ha il cazzo duro e non si riesce più a infilare perché è troppo largo.
L'ebreo sviene.
Telefono a Max Pezzali per chiedergli se ci presta la sua sala di tortura
Bella raghi, però la pulite voi dopo che ho una mezza storia con una mia vecchia amica
Non hai capito un cazzo, Max, con le amiche non si conclude mai nulla
Forse è vero
Andiamo a casa di Max a Riccione e chiudiamo l'ebreo svenuto dentro alla pancia di un cavallo gay e lo portiamo all'ippodromo e gli facciamo perdere tutte le corse così percepisce cosa vuol dire perdere.
Lo tiriamo fuori dalla pancia: è sveglio, inizio a legargli i peli del culo ai capelli di una figa con cui avevo litigato a sedici anni perché era una troia al contrario.
Antonio gli apre la pancia, dentro ci trova un sacco di merda; Antonio gli apre la testa, dentro ci trova un sacco di merda; Antonio gli apre l'indice, dentro ci trova un sacco di merda.
Marco gli inizia a cacciare in bocca la Fisica di Aristotele perché sì. 
Diamo fuoco all'ebreo perché voleva bruciare il nostro mondo.

(La troia al contrario di quando avevo sedici anni è viva e rincorre ossi assieme ai levrieri per un uomo ricco che la paga un sacco per questo. Puttana.)

Alla fine non abbiamo pulito la sala delle torture di Max.

Antonio De Oliveira Salazar 

martedì 8 marzo 2016

La nostra responsabilità

“Il principale ufficio di tutti gli uomini, i quali dalla natura superiore sono chiamati ad amare la Verità, pare che sia questo: che come loro sono arricchiti per la fatica degli antichi, così s'affatichino di dare delle medesime ricchezze a quelli che dopo verranno.” Così Dante affermava nell'incipit del De Monarchia. E siccome è d'uopo dell'Antidemocratico voltarsi indietro e rimirare con religioso silenzio le opere di coloro, che liberi dai lacci e i lacciuoli della democrazia, ebbero modo d'affermare la monumentalità e l'imponenza della volontà superiore tipicamente latina e romana sull'Europa intera, Noi medesimi non possiamo che sentirci chiamati, per amore della Verità, a sentirci eredi della fatica degli antichi. Ma ahinoi, nel nostro ventunesimo secolo, era del lassismo, dello svuotamento di palle da parte del politicamente corretto e dal buonismo derivante dalla debolezza di chi si lascia ammaliare dai lamenti del debole, è evidente che non v'è posto per l'augusteo sogno di una Roma Caput Mundi, di un Campidoglio che prende l'Everest da dietro la nuca e lo invita a bere dal Tevere come un guerriero farebbe con la donna che ha scelto come suo riposo. Ma non disperate, camerate e compagni, perché il Creatore non lascia le sue creature in balia dei lupi e delle fiere (o in questo caso, in balia dei coniglietti e dei cerbiatti, che vincono grazie alla moltitudine, non certo grazie alla fierezza e alla superiorità). Ebbene è di nuovo alla Città Eterna a cui la speranza di un domani glorioso si deve rivolgere, poiché un imperatore biancovestito veglia sul popolino indottrinato e illuso dall'idea balzana, bislacca e da figli di puttana che si possa scegliere e votare il proprio condottiero, come se questo non potesse da solo imporsi su tutti grazie al suo carisma e alla sua naturale statura morale. Il Vescovo di Roma per ora si fa forza solo di una sola spada, quella del potere sulle anime, ma ben nasconde, ne sono convinto, la spada del potere temporale in quella San Pietro che per sua natura è chiamata ad essere ovile del Mondo. Arriverà il giorno in cui quella spada sarà di nuovo impugnata, che una nuova stirpe carolingia legherà il proprio nome al nome del mondo indissolubilmente, che gli infedeli saranno battuti e il Santo Sepolcro liberato, che la Britannia e le Americhe torneranno ad essere terra di conquista e non di conquistatori. E quando quell'uomo della Provvidenza arriverà, sarà compito di noi uomini dalla superiore statura morale cedere la forza del nostro braccio per sottomettere il debole e diventare partecipi e protagonisti della nuova Storia dell'Europa, cioè del Mondo.
Antidemocratici di tutto il mondo, UNITEVI!

Il Tidide Diomede

sabato 27 febbraio 2016

Piano strategico per la conquista del Perlage

Il motivo per cui abbiamo deciso di conquistare il Perlage è del tutto indifferente. Resta che il Perlage vuole conquistato e trasformato in un bordello algerino: abbiamo già mille troie arabe esperte in tutti i vizi!

NOTA: TUTTO IL PIANO SI BASA SUL FATTO CHE NESSUNO S'ASPETTA UN ATTACCO.

Il Perlage si presenta come un locale d'angolo, una sorta di baluardo della Pomposa, la forma spigolosa lo rende allo spirito qualcosa di iperviolento e pericoloso. 
Le nostre informazioni ci dicono che all'interno ci sono solitamente quattro baristi e una folla di clienti inutile, smaniosa di caipiroska alla fragola.  
Un carro armato che spara chiese barocche si presenterà al centro della Pomposa venendo da via del Taglio: il primo colpo sparerà San Pietro (precedentemente rubata) in alto, come colpo d'avvertimento.
Lo sguardo atterrito di un milione di cattolici guarderà il volo fatale della Chiesa verso le stelle e il papa dall'alto dirà: 'Il piccolo Principe è sopravvalutato'.
Questo darà inizio al combattimento.
Nella distrazione generale cinquecento aristocratici francesi giungeranno da via Emilia condotti da Giovanna d'Arco a cavallo e piomberà sui lati del Perlage.

Useremo inoltre nell'attacco:
-Un contingente di nubiani armati di quadri di pittori italiani
-La Wiener Philaharmonike armata di Wagner
-Mille libertini codardi, ma con la smania per l'eccesso (utili solo per gestire al meglio il saccheggio)

Il Perlage viene circondato, ovunque infurierà la battaglia.
Il combattimento più aspro sarà chiaramente ai tavolini dove l'utilizzo degli aristocratici francesi a cavallo diventerà totalmente inefficace: dopo il primo lancio di caipiroska contro il nostro esercito e lasciata Giovanna d'Arco a consultare Dio, manderemo Boccioni a disegnare linee iperviolente sul pavimento per distruggere la resistenza dei clienti inutili smaniosi di caipiroska.

Ovunque echeggerà Wagner.

Una nuova chiesa verrà sparata: questa volta sant'Ivo alla Sapienza.

All'interno i baristi come principi rinascimentali comanderanno la legione dei clienti inutili smaniosi di caipiroska: avranno avuto il tempo di organizzare la difesa e di leggere l'arte della guerra di Sun Tzu e di imparare il cinese e l'arte calligrafica ad esso legata; qui entrerà in battaglia l'esercito di nubiani armati di quadri di pittori italiani: le tele di Leonardo saranno le prime utilizzate nella mattanza. Ovunque magnifiche schiave spargeranno papaveri, garofani e rose rosse per ricordare che i fiori fanno schifo come il sangue. 

I nubiani, in quanto negri, speriamo muoiano tutti.

A lato ci sarà David a dipingere in maniera neoclassica la scena della battaglia.

Infine ci si presentano due possibilità: assediare per dieci anni il bancone del bar e fare scrivere un poema su di noi al cadavere di Omero (precedentemente rubato), oppure sparare la chiesa di San Carlo alle quattro fontane.
Noi propendiamo per la seconda opzione.

In ogni caso, conquistato il Perlage, issare la bandiera della Libia di Gheddafi sul portone per confermare la conquista.

Antonio De Oliveira Salazar

giovedì 21 gennaio 2016

David Bowie


Il piccolo Nelson Mandela
-Mi diseGNi una peCora?

-Perché?

-Così poSo diRe Che il priMO ad avere quEsta idEa è statO un negro e non Il PiccOlo PrinCipe e così: NeGGri-FranCesi 1-0.

Disegnai per quel buffo negretto una pecora con sotto una mina antiuomo. Lui la prese e gli esplose il piede. Ridemmo tanto. 

-E che ci fai qui a Modena?

-SOno scaPpato dallo zOo di Pistoia. Ero un'atTraziOne!

-Bravo Nelson e perché sei scappato?

-PEr far fiNire l'apArtheid in Sud AfriCa. 

-Che carino... Tieni questo pezzo di cioccolato.

-*borbottii scimmieschi incomprensibili di ringraziamento. Mi lecca la mano.*

-Una volta da piccolo ho disegnato su un foglio un cappello, ma la gente pensava fosse un serpente che aveva mangiato un elefante allora mi sono cagato in mano e ho iniziato a tirargli la merda addosso.

-Io uNa volTa ho viSto il traMonto quaraNTatré voLte

-E come hai fatto piccolo Nelson?

Si mette a ridere come un imbecille. Anche io. Si piscia addosso. Gli piscio addosso. 

-Ami qualcuno Nelson?

Il Piccolo Nelson arrossisce.

-Chi, Nelson?

-Io aMo il Sud Africa.

-Che stronzata Nelson. Ti piace anche mangiare le cisti dei ciccioni?

-... c'eRa unA bimBa che veNiva AllO zOO, che mi aveva detTo, 'Se leggiamo una poesia di Blake tutti i giorni alle 4 diventeremo amici', leI leggEva, iO non sapEvo lEggere e alla fine lei è morTa.

-Blake è così brutto che ammazza... Nelson senti un po' ma come pensi di tornare in Africa?

-Noi negrI possiamo TornaRe in AfricA in quAlsiasi MomentO. Solo che non Lo diciamo ai Bianchi SE no ci CostriNgerestE a TornAre. 

E il piccolo Nelson svanì. Spero sia morto. Negro di merda.

Antonio De Oliveira Salazar