sabato 29 marzo 2014

Rivisitazione de "Le metamorfosi del vampiro"

La donna mentre si torceva come una serpe sulla brace
e ammaccava i seni tra le stecche del suo busto
lasciava scorrere dalla sua bocca di fragola
queste parole tutte impregnate di muschio:
- Ho le labbra umide io e lo so come si fa
a perdere l'antica coscienza in fondo a un letto.
Asciugo ogni lacrima sui miei seni trionfanti col riso dei bambini.
Per chi mi vede nuda e senza veli, io sono
la luna, il sole, il cielo e le stelle!
Caro sapiente, sono cosi esperta in voluttà
quando soffoco un uomo tra le mie temute braccia
o abbandono il mio petto ai suoi rimorsi,
sonoo cosi timida e libertina, fragile e robusta,
che su questi materassi conturbanti d'emozione
si dannerebbero per me anche gli Angeli impotenti!-

E mi succhiò fin al midollo delle ossa!
Allora mi volsi a lei languidamente
per darle un bacio d'amore, e cosa vidi?
Soltanto un grosso cetaceo unto e tutto pus!
Che gelido orrore! Chiusi gli occhi
e quando li riaprii alla viva luce non c'era più
l'obeso mostro, no:
ma c'era una dentato tricheco, dai lunghi baffi
e dalla coda slabbrata! Disgusto!
Perso, nel vento gelido dell'inverno,
lasciai l'animale alle porte della notte,
spiaggiato e solo.
Che l'inferno abbia pietà dell'anima mia!
-Prometeo

domenica 23 marzo 2014

Sul Demonio

Non agli atei, alle persone di scienza, a chi vuole ridurre il Mistero a un triste passatempo da consumare all'ombra del sole estivo: a voi non ho niente da dire, e niente da offrire, se non l'auspicio che possiate un giorno guardare al di là della nostra misera ragionevolezza; non a voi dunque; a voi invece mi rivolgo, ardenti fedeli, che proteggete fra le vostre mani il Santo Vangelo, come fa la mamma con il languido figliolo; a voi, che passeggiate offrendo la fronte al cielo, portatori di un'idea magnifica, ambiziosi sognatori di un mondo perfetto, libero da rigide catene di numeri, colmo di splendide analogie... A voi.
Non prenda forma sul vostro viso una smorfia, vi prego, quando andrete a leggere quanto segue. Provate piuttosto ad avere pietà per un povero peccatore e per le sue parole peccatrici; e a scorrerle con leggerezza, come fareste se doveste leggere una favola al vostro nipotino, ormai prossimo a chiudere gli occhi e ad abbandonare la coscienza ad un sogno docile e ingenuo.


Parliamo di Satana, cari miei. Del Demonio, di Lucifero, chiamatelo come volete. Parlo di lui perché secondo me è un gran bel personaggio. Mi rivolgo a un pubblico ridotto perché così non devo perder tempo a discutere di argomenti che sono privi di interesse, come la esistenza o la non-esistenza o altre baggianate del genere. Qualsiasi persona dotata di buon senso sa che il Demonio esiste, e non ho voglia di parlarne.
Andiamo con ordine. Voi, fedeli: siete davvero sicuri di quel che andate dicendo? Sempre che le voci che arrivano alle mie orecchie sian vere, ci mancherebbe: allora preciso cosa intendo. Mi risulta che voi non apprezziate particolarmente Satana, non è così? Mi risulta che al solo sentir pronunciare il suo nome il vostro cuore sobbalzi, e dentro di voi ci sia un meccanico che lo stringe come fa con la chiave inglese quando il bullone non ne vuol saper di girare; e che la vostra faccia si giri dall'altra parte, in preda a una smorfia di paura e di disgusto; e che i muscoli si contraggano, le dita si allunghino fino ad essere diritte; e così via. Tutte cose brutte, insomma. Allora io chiedo: perché? Perché tanta paura, tanto timore, tanto scetticismo? Non siete forse voi a parlare di amore, di fratellanza, di disponibilità all'ascolto? Volete forse dirmi che lui non ha diritto a tutto questo? Volete forse dirmi che voi non avete mai peccato al suo stesso modo? che non vi siete mai sentiti, neppure per un attimo, più importanti, o anche solo indipendenti, autonomi rispetto all'Onnipotente? Ah, non vi credo, cari miei, non vi credo. Vi rispetto molto, e penso di avervelo dimostrato rivolgendomi solo a voi; ma qui io mi faccio da parte e dico che no, secondo me sbagliate, secondo me dovreste affrontare la faccenda con più onestà.
Perché io metto entrambe le mani sul fuoco mentre affermo che voi, come lui, avete almeno una volta nella vita mosso guerra a Dio. Forse non con le armi, perché non lo vedete e dunque non ne siete capaci; ma altri tipi di guerre, addirittura più meschine, guerre combattute roteando in aria la vile spada del ricatto, del ridicolo ricatto all'Onnipotente, quelle sì, le avete combattute in prima fila. E ora soffermatevi un attimo a pensare al trattamento che Dio ha riservato a voi e a quello che ha riservato a lui.
A voi cosa? Niente, signori, niente! Spero non avrete il coraggio di menzionare quella sera in cui avete comprato e ricomprato cartelle ma niente, nemmeno un ambo; oppure quella volta, l'unica volta in cui la vostra cintura non era allacciata e la polizia vi ha fermato, quando era da più di un anno che la paletta bianca e rossa non sbarrava il vostro cammino; oppure altre sciocchezze del genere.
Ma signori, veniamo a lui, adesso: signori, un volo interminabile! Una caduta dal punto più alto dell'Universo, il Regno dei Cieli, al punto più basso, l'Inferno. Sapete quanto è lungo un tragitto del genere? Provate a pensare a quando portate i vostri figli al parco divertimenti, e, da buoni padri quali siete, li accompagnate sui giochi, per far loro forza nei momenti di paura. Provate a pensare alle emozioni di quei pochi secondi di vuoto d'aria. Emozioni bellissime, certo, ma estreme, adatte a tempi brevi. Adesso immaginate che quei pochi secondi si dilatino, e che voi, invece che pochi metri, percorriate a testa in giù una distanza che ai nostri occhi appare infinita; e allora vi renderete conto di cosa intendo. La punizione è indiscutibilmente non equa! O meglio, signori, non fraintendetemi: essendo opera dell'Altissimo, è certamente equa; quello che voglio dire è che dovreste ritenervi parecchio fortunati per aver ricevuto un trattamento, per così dire, di favore. Volete dir di no? Da una parte una multa di qualche decina di euro e dall'altra un volo interminabile, pieno di sofferenza e di agonia. Ah, non c'è neanche da discutere, signori, sarebbe come parlar del niente; e dunque facciamo un passo avanti.
Anzi, facciamolo indietro, il passo: parliamo cioè della sua condizione prima della caduta.
Le Scritture lo definivano come "un cherubino dalle ali distese, un protettore". I cherubini sono fra gli angeli più importanti: risiedono "oltre il trono di Dio", e hanno il compito di sorvegliare la luce e le stelle. Ora, più penso ai Cherubini e più mi convinco che ci deve esser stato qualche intoppo, forse qualche errore di trascrizione, di traduzione, qualcosa che abbia deformato drasticamente il loro ruolo: perché non è mica possibile che gli angeli più importanti se ne debbano stare lì, fermi, con la faccia annoiata e col mento costantemente sorretto da una mano, con l'unico scopo di controllare che nessun malintenzionato faccia del male alla luce e alle stelle. Dovessero controllare dei bambini agitati, sarebbe già meglio: almeno non starebbero fermi un secondo e allora bisognerebbe darsi da fare per correr dietro a quei malandrini. Ma la luce e le stelle! Mi risulta sia roba che non si muove; e sai che divertimento doverla sorvegliare?
Se invece penso ai serafini, allora sì che la faccenda mi è già più chiara: loro amano, amano Dio, e cantano lodi, e cantano la musica delle sfere... Un passatempo decisamente più interessante!
Dunque potete immaginare Lucifero seduto insieme a tutti i colleghi a guardar degli oggetti che stan fermi. Peggio che stare in stazione ad aspettare il treno in ritardo di qualche ora.
Credo che a questo punto qualsiasi persona ragionevole - come siete voi, carissimi - possa tranquillamente concludere che Lucifero sia stato l'unico ad avere il coraggio di ribellarsi a questa magra esistenza. È un po' come quando qualcuno evade di prigione: lo vorrebbero far tutti, però solo pochi hanno il coraggio di abbattere il muro dell'abitudine e andare così incontro alle proprie responsabilità. Se per strada incontrate un cherubino, provate a chiedergli se è felice: vi risponderà che piuttosto che guardar tutto il giorno delle stelle, sempre quelle, farebbe volentieri il muratore a Palermo in agosto. Però ormai son tanti anni che lo fa, e alla fine sta pur sempre oltre il trono di Dio, quindi va bene così dai.
Al diavolo! Lucifero ha tutta la mia stima! Io amo le persone coraggiose, e lui è il padre del coraggio, il primo che ha osato ribellarsi allo status quo.
Adesso invece sì che facciamo un bel passo in avanti: diamo un'occhiata alla sua condizione dopo la caduta.
Credo che negare il suo fascino non sarebbe onesto. Per mille motivi diversi. Ad esempio, un'antica tradizione lo descrive come colui che si fa piccolo con i grandi e grande con i piccoli. Questa tradizione voleva dipingere un quadro negativo, ma per me ha ottenuto l'effetto opposto. Voglio dire, è sinonimo di intelligenza o sbaglio?  Per quanto mi riguarda è atteggiamento rispettabilissimo quello di una persona che quando può sottomette il prossimo, e quando non può cerca di schivare il piedone del gigante: perché sa bene che se provasse ad opporsi otterrebbe il solo risultato di essere schiacciata. E poi lo fanno tutti, dai, chi più chi meno ma lo fanno tutti; e allora molto meglio esserne consapevoli e agire alla luce del sole piuttosto che nascondersi dietro a improbabili finzioni.
So bene che se queste parole riecheggiassero in una qualsiasi piazza del mondo si leverebbe un coro di sdegno; e sono certo di conoscere abbastanza bene la natura delle persone che si alzerebbero in piedi a sventolare il fazzoletto della morale: è per questo che in principio ho ristretto drasticamente il pubblico a cui ho deciso di rivolgermi. In questo modo, sono sicuro che il volume della protesta non sarà tale da disturbare il ragionamento.
Ragionamento che prosegue nella lode al fascino di Satana.
Il bene è perfetto, è pulito, è lineare, è inattaccabile; e allo stesso tempo, proprio come conseguenza di queste virtù, è prevedibile, è troppo limpido perché non se ne veda perfettamente il principio e la fine. Il male invece è tutt'altro. È torbido e arrabbiato e, come un fiume in piena, non rivela tutti i propri segreti, ma li nasconde dietro una massiccia muraglia di acqua marcia; ed è questa sua natura squallida e misteriosa che lo rende così intrigante. Prendiamo ad esempio le tentazioni di Gesù. Gesù, dopo esser stato battezzato, digiuna a lungo nel deserto. E qui, come una serpe velenosa, il Diavolo spunta da chissà dove e cerca in tutti i modi di tentarlo. Leggiamo il racconto di Luca:

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto
dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.
Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane".
Gesù gli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo".
Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:
"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.
Se ti prostri dinnanzi a me tutto sarà tuo".
Gesù gli rispose: "Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai".
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;
sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano;
e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra".
Gesù gli rispose: "È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo".
Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

Ora, è superfluo premettere che Gesù è nel giusto e Satana invece no; e prima di procedere ringraziamo tutti insieme Gesù, perché è stato in grado di resistere e di regalarci così un insegnamento di rara importanza. Allo stesso tempo, però, riconosciamo a Satana una spiccata qualità artistica: perché bisogna essere degli ottimi artisti per guardare in faccia Gesù e dirgli che la Terra è stata messa nelle sue mani (di Satana), e a lui (a Satana) è concesso di darla a chi vuole. Ma signori, parlava con Gesù, cioè Dio fatto a carne ed ossa, Dio creatore di tutto e di tutti, Satana compreso! e nonostante questo, il Demonio ha avuto la faccia tosta di spacciarsi per una sorta di padrone del creato, sapendo in anticipo di non poter in nessun modo imbrogliare l'interlocutore. Satana, lasciatemelo dire, oltre ad essere il padre dei coraggiosi, è anche il padre di tutti gli artisti, di tutti i napoletani, di tutti gli spiriti scherzosi e impudenti.
E ci sarebbero un sacco di altri esempi da portare in favore di questo povero Angelo degli Inferi, attaccato ormai da tutti e relegato quasi esclusivamente a culti oscuri che - è innegabile - sono bellissimi ma che da soli non riescono ad esprimere a pieno tutta la sua bellezza.
Ormai dovrebbe esser chiaro il perché di questo mio scritto. Io vorrei con ardore che voi, carissimi fratelli, che vi inginocchiate dinnanzi alla Madonna e che ringraziate Dio per tutto quello che vi dà, vorrei che voi rivalutaste l'idea che vi siete fatti del Demonio. O che quantomeno ci provaste. Non che dobbiate iniziare a inneggiare a lui eh, questo no: l'Altissimo è uno e uno solo, e non si devono aver dubbi. Quello che vorrei da voi è una rivalutazione artistica: pur continuando a considerare Satana come il nemico, sarebbe bello se riconosceste in lui un fascino profondo, una misteriosa bellezza, un'autentica dignità che niente ha a che vedere con il bene e con il male, ma che caratterizza semplicemente il lato umano di un'entità così complessa.
Pensateci su; e sono sicuro che la prossima volta che ci incontreremo mi direte che ci son cose ben peggiori del Diavolo; e quando andremo a cena insieme, e ci verrà servito un piatto di lasagne che assomiglierà invece a una zuppa per cani, direte che piuttosto che mangiare quella porcheria sareste disposti a dormire una notte intera in compagnia di Satana in persona; e io sarò ben felice di avere in qualche modo aperto i vostri occhi, che per troppi anni sono rimasti chiusi, prigionieri della paura e del pregiudizio verso uno dei più grandi individui di questa esistenza.

Ruhollah

domenica 16 marzo 2014

Commento tecnico all'Odissea

Son duemila anni che, chi più chi meno, si sparano puttanate sull'Odissea (in particolare la cricca accademica tedesca sempre pronta a contare gli “η” e mai disposta a dedicare una sega a Nausicaa): uno stronzo aggiunto non farà la differenza.
Come i migliori insegnano il libro non l'ho letto. Tanto la storia si sa: Ulisse dopo essersi spaccato a Troia decide di tornare a casa. non ci riesce. alla fine ci riesce.
Ora, tutti quanti sentono Odissea e con un'erezione celebrale dicono nostos: ritorno: Ritorno (di Ulisse, s'intende), ma già qui s'ha difficoltà a trovarsi d'accordo. Io mi sentirei più sereno a definirlo il Bummel (Nota: Bummel breve viaggio di piacere per fuggire dal tedio, passeggiata) d'Ulisse. Un bummel che non rispetta i tempi della definizione propria, ma ne incarna lo spirito.
Odisseo è l'eroe che fugge dall'accidenti del quotidiano con una nonchalance meridionale: si rende conto che il Mediterraneo è una sorta di allucinazione caraibica e ci sprofonda dentro come un sasso vizioso.
L'epicità del libro consiste tutta nella lotta con un destino infame e bipolare (sale di tutto ciò che è greco) che esige il ritorno di Odisseo al suo scoglio e allo stesso tempo glielo rende difficile (cfr. lbr. X, XI: qualsiasi cosa), e di una morale vigliacca ed esterna che toglie il gusto dell'edonismo all'eroe (cfr. lbr. IV,V,VI: Calipso...).
L'Odissea è la storia della fuga. Si scappa dalla monotonia del quotidiano, si fottono streghe, s'accecano ciclopi e si sputa sull'immortalità. Di ritornare non c'è la sbatta.
Ma insistiamo a farci insegnare che è un nostos e che nel libro ci sono quindicimilatrecentoventicinque η.
Un'altra cosa che non mi è mai andata giù è lo snobismo con cui si trattano i lotofagi. I lotofagi lontani dall'essere il centro del nucleo narrativo restano comunque un'attrazione fumosa per i non-lettori dell'Odissea. Chi sono? Che fanno? Che rilevanza hanno nel libro? Visto che non ci azzardiamo neanche a sfogliare, ci piace pensare che tutto il libro IX (?) sia dedicato a come farsi una siringa di loto e a visioni psichedeliche: un'orgia viola d'esametri coccodrilloformi.
Per quanto riguarda la lingua sappiamo che il dialetto attico è pressoché assente in tutta l'opera (cfr. libri I, II, in particolare :ἂν ἡβήσῃ τε καὶ ἧς ἱμείρεται...), c'è invece una presenza notevole delle forme eoliche e ioniche che dominano equamente il resto del libro come in una guerra fredda di parole.
Ricordiamo per par condicio Penelope, Telemaco e le tette di Elena (quest'ultime presenti nel lbr. IV).
Non volendoci negare nulla, in conclusione, ci sentiamo di affermare che il libro è un classico, uno di quei libri che, incontratolo per strada, si sente il bisogno di baciare la terra su cui cammina.

(Per amor di brevità non è stata trattata la questione omerica, si rimanda ai saggi di Wolf anche se non ci ha capito un cazzo.)

Antonio De Oliveira Salazar    

mercoledì 12 marzo 2014

Riflessioni sulla mediocrità

Codardi.
Sono il male della convivenza.
Tutti alla ricerca di sicurezze.
Vuoi campare un mese in più nella tua misera vita?
Ti piace il tiepidume dei liquami in cui sonnecchi?
La punizione più giusta per te e per i tuoi simili sarebbe essere uccisi a morsi da Polemos. E se ti dicessi che non fa male saresti pure d'accordo!
Perchè ti accontenti sempre?

La mediocrità di un popolo si misura nel numero di birre calde bevute e di cioccolatini mangiati e di piste ciclabili.
E San Marino è ancora uno stato indipendente.
Non è il male che scorre sulla terra, ma la mediocrità. Il vero crimine non è Nerone che suonava la lira mentre Roma bruciava, ma che suonava male.

Dicono che i mediocri non sono mai fatti oggetto d'odio poichè l'odio mira in alto. Vero, ma io faccio un'eccezione.
E attenzione, io per mediocrità non intendo pigrizia: i pigri hanno un gran genio nascosto! I mediocri invece no, essi sono sterilmente laboriosi, per necessità, per dovere, e non per libertà.

L'intelletto è uno strumento prezioso e cristallino ed è opportuno assecondarlo, anzi spingerlo, nella ricerca dell'aulico, del superiore, del bello estremo.
Un mediocre non ne è degno: lo utilizza come un sordo usa un grammofono.

Il mondo è una grande, oscura palude, che vecchi carri armati sovietici. comandati da oltreuomini, tentano di attraversare, consci del rischio di poter affogare nell'impresa.
Le amebe umane invece si accontentano di una carcassa animale galleggiante.

Ma c'è un pensiero che mi rincorre, mi rattrista e mi turba più di ogni altro:
che anche io
come voi
un giorno
morirò.

Maledetti.

Il Vecchio

lunedì 3 marzo 2014

Divano

Pioggia, nebbia e seppie. Seduto sul divano penso all'enorme occhio della creatura tentacolata e bevo.
I fiori del male mi guardano, mi chiamano, ma sono troppo stanco per rispondere; mi susurrano, mi indicano e mi insultano, ma la seppia non mi lascia andare.
Tutto ciò ai tempi dell'impero non se lo sarebbero permessi. I fiori stavano nel vaso e le seppie in mare.
Il pescatore dovrebbe pescare solo perle e il giardiniere coltivare solo stupefacenti!
Fottuti fiori!
Maledette seppie! Lei ed il suo monocolo!
Si siede a tavola con me, e sorseggia vino e sputa come un cammello!
Lamenta la mancanza di fiori sul fondo del mare e la mancanza di bianchi giaguari. Flora e fauna marina la annoiano.
Che animale è la vongola in confronto alla pantera nera? Che cos'è un'alga in confrono al narciso?
Il mostro tentacolato si toglie il monocolo e mi guarda con il suo enorme occhio: io continuo a bere vino.
Arriva anche un'orchidea a tavola, e si siede.
Vuole vedere una balena, vuole andare a caccia con l'arpione. La seppia è disgustata dal vino rosso.
Il fottuto fiore si lamenta solo!
Arriva anche un negro! Ci mancava lui! Meno male che è il servitore a seguito della seppia; lei non vole faticare, si porta sempre dietro una creatura inferiore.
Mi staco della compagnia di quei maledetti futuristi e me ne vado insultandoli.
- Prometeo