I ragazzi parlavano.
Pensierosi, parlavano, e fissavano con occhi persi ora la faccia dell'altro ora il mare di acqua magica, che sembrava esser stato colorato da un bambino allegro e fantasioso.
Parlavano della loro vita. Non erano felici, i ragazzi, Andrea e Paolo, che avevano appena finito l'università, medicina, e però, nonostante il futuro apparisse dinnanzi a loro chiaro e diritto, non erano convinti di poter rinchiudere la propria vita entro segmenti così severi da non permettere balli, piroette, salti, cadute. In fondo in fondo, però, ed è questo il dramma, in fondo in fondo, tutti e due, in un buco profondo del loro corpo, forse in fondo al cuore forse in fondo allo stomaco, sapevano che tutte quelle parole erano leggere, troppo leggere per resistere a ciò che le circondava, e sarebbero volate via non appena il vento avrebbe deciso che non meritavano più di essere ascoltate.
Allora il cielo si aprì, improvvisamente. Il cielo si aprì e la luna dovette guizzare via, inarcando la schiena per non restare vittima dello squarcio e diventando così un misero quarto di luna. E si sentì una voce.
Porco Dio.
La voce risuonò gigantesca; e le montagne, che dalla nave, ormai prossima a raggiunger terra, si vedevano in lontananza, quelle montagne alte e fiere si piegarono su se stesse per la paura, diventando misere colline; e le colline, che stavano sotto alle montagne, diventarono pianure; e tutto il mondo si abbassò e si mise gli indici nelle orecchie per difendersi da quel tuono fragoroso. E nonostante questo, nonostante la voce fosse stata sentita da tutti e non lasciasse spazio ad ambiguità, nonostante ogni sillaba fosse stata così chiara da poter essere ripetuta nell'eternità anche dalla più stolta delle creature, nonostante tutto ciò nessuno avrebbe in quel momento giurato di aver sentito quelle parole. Nessuno; e tantomeno Andrea e Paolo, che ora avevano aggrottato le fronti e si erano tolti quei brutti cappelli a cilindro; e tantomeno la luna, diventata quarto di luna, che continuava ad osservare tutto da qualche chilometro di distanza.
Allora il cielo, forse percepita questa incredulità del mondo, ripeté ancora una volta e ancora più forte quelle terribili parole.
Porco Dio.
E, come prima, il mondo, sebbene avesse memoria antica e si ricordasse di tutte quelle volte in cui il cielo si era aperto e una voce si era sentita, il mondo di nuovo restò perplesso. Nessuno poteva credere che Dio avesse detto una cosa simile. Che Dio avesse detto Porco Dio.
Ma era così.
Dio aveva detto Porco Dio.
Allora il mondo, essendo stato Creato da Dio, dovette accettare quelle parole, e iniziò ad interrogarsi sul loro significato.
Si poteva vedere la luna, in lontananza, che si grattava la testa, pensierosa, e poco a poco, per lo sforzo di immaginazione, diventava sempre più rossa e si gonfiava, tendendo a diventare la grossa boccia ch'era prima, un po' come fa la guancia di un uomo quando gonfia un palloncino. Le montagne, che avevano ancora il collo contratto e la testa nascosta fra le gambe per lo spavento, a poco a poco si ritiravano su, affascinate dai ragionamenti che avrebbero forse condotto alla risoluzione del dilemma.
E poi c'erano Andrea e Paolo, su quella nave, su quella crociera che chissà perché aveva solo due passeggeri, che avevano aggrottato ancora di più le fronti e si guardavano negli occhi impauriti.
Ah, ma di nuovo! di nuovo come prima i due sapevano, sapevano, sempre in quel buco nascosto chissà dove nel loro corpo, il motivo esatto di quelle parole. Non se lo sarebbero mai confessato, neppure quando anni dopo lavorarono per tanto tempo assieme, come chirurghi. Da una parte non ce n'era bisogno, perché ognuno, nella fronte dell'altro, in quelle rughe perplesse aveva riconosciuto una consapevolezza che non aveva bisogno di conferme; ma dall'altra, dall'altra parte, entrambi cercavano nel rifiuto della verità un modo per convincersi di non sapere un bel niente, o al massimo di sapere che quelle parole erano rivolte a qualche sconosciuto che viveva chilometri e chilometri più in là.
E pensare che Dio deve averlo fatto a malincuore, questo gesto. Offendersi da solo, forse non ce n'era bisogno.
E però come meglio far capire a due persone, due ragazzi, due nullità, come meglio fargli capire che la loro esistenza, finché si limita alle parole, alle ambizioni, ai sogni, è più vuota di un fiasco di vino a fine serata? Quale modo migliore del dire: ho sbagliato, perché vi ho messo al mondo, vigliacchi, maledetti, voi, che di fronte all'acqua ghiacciata immergete l'alluce e poi, impauriti peggio di una vecchia vedova, lo ritirate fuori e fuggite all'indietro; ho sbagliato, perché non meritavate tanta bellezza, tanto splendore, tante opportunità, voi che vi siete accontentati di una strada senza salite, senza tornanti, senza pericoli; ho sbagliato, dunque, ho sbagliato, e per questo sono un Porco. Non c'era modo migliore; e infatti, di notte, quando i chirurghi di successo tornavano a casa, dalle belle mogli che aspettavano dormendo, e dai bei figli intelligenti che venivano stritolati sempre più nel futuro ragionevole, quando tornavano a casa e si trovavano davanti tutti i tasselli al posto giusto, infilati perfettamente l'uno accanto all'altro, nelle loro menti, nelle menti dei chirurghi perfetti risuonavano quelle parole, quel Porco e quel Dio che rendevano la loro vita in qualche modo inutile, povera, timida, impaurita, fiacca, soprattutto alla luce del motivo profondo della reazione divina: che - ormai possiamo dirlo - fu così tremenda proprio perché i due avevano intuito la possibilità di scivolare via come una saponetta dalla presa mortale dell'ordinario; ma, vigliaccheria immonda, laida, malefica, non ebbero mai il coraggio di fare quell'ultimo salto decisivo.
Ruhollah
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