mercoledì 6 novembre 2013

Tolomeo IV Filopatore: Empietà e Vizio

"Guai a quelli che tirano l'iniquità con le corde del vizio,
e il peccato come con le corde di un cocchio.”  Isaia 5:18

“Egli si sazia col pane dell'empietà
e si disseta col vino della violenza.”  Proverbi 4:17

Anno 244 a.C., Tolomeo III Evergete, retto, deciso e onesto faraone, governava con grande carattere e forza morale sull’Egitto ellenico, la cui città principale era Alessandria, massimo centro di cultura del tempo. Durante il suo regno l'Egitto conobbe un momento di grande splendore, tanto che al re fu conferito il titolo di benefattore (in greco euergetes, appunto), e il culto di stato del sovrano come incarnazione del dio raggiunse l'acme.
Perciò egli non poté che essere felice quando, in quell’anno, la moglie Berenice II mise al mondo il suo terzogenito, nominato anch’egli Tolomeo. Ora era certo che il suo regno avbrebbe avuto una degna stirpe e la dinastia avrebbe potuto continuare a dominare su quella rilevante fetta d’Africa: il primogenito Maga prometteva rettitudine e un’indole vigorosa, in sintonia con il padre, la terza sorella era ormai una donna virtuosa, un’ottima spalla in caso di difficoltà e Tolomeo sarebbe stato un più che valido consigliere e, chissà, generale dell’esercito. Tutto perfetto.

Eppure quest’ultimo decise di correggere il solco di moderazione e virtù segnato dai genitori e cambiare la propria sorte: egli voleva governare. Quindi, appena l’età gli donò la forza fisica e psicologica necessarie, preparò un pentolone d’acqua, lo portò a bollitura e, in un tardo e ozioso pomeriggio, vi gettò il fratello maggiore, nonché primogenito ed erede al trono, Maga, camuffando il tutto come uno stupido, sfortunato e sciagurato incidente.

Così il prodigioso padre, avendo trascorso ormai buona parte della sua vita e desideroso di passare la vecchiaia in una meritata tranquillità, nel 222 a.C. lasciò il potere nelle mani del suo amato figlio, che divenne quindi Tolomeo IV. Egli, per ringraziamento, credendo che i genitori fossero un poco stressanti e ritenendo che non gli avrebbero permesso di governare in pace e di assecondare le sue voglie, li avvelenò entrambi, macchiandosi di parenticidio. Ciò gli valse l’antitetico e ironico soprannome di Filopatore, ossia “amante del padre”. Poi, per terminare l'opera, assassinò anche lo zio Lisimaco. Per completare la famiglia ed avere al contempo meno parenti impiccioni possibile, prese come sposa sua sorella Arsinoe.
Infine lasciò l’amministrazione del regno interamente nelle mani dei suoi consiglieri e delegò gli affari di stato al suo corrotto ministro e generale Sosibio e al funzionario Agatocle, mantenendo però la gestione diretta dell’esercito e delle imprese belliche, nonostante la sua manifesta incapacità.

Una volta sistemate tali seccanti faccende poté darsi con tutto se stesso alla sua vocazione: il culto di Dioniso. Infatti egli era iniziato al culto dionisiaco e cercò, con inumano fanatismo, durante la sua voluttuosa vita, di diffonderlo e svilupparlo. Era famoso in tutto il paese per l’amore verso i piaceri della vita, per l’interesse nei confronti delle orge sfrenate e, in generale, per l’essere dominato dai vizi ed era perciò anche conosciuto con l'appellativo di Nuovo Dioniso.
Inoltre Alessandria, sotto Tolomeo IV, diventò sempre più fastosa e sfarzosa e la corte reale addirittura splendida. Egli fece proseguire la tradizione intellettuale della città e vi fece erigere un tempio dedicato a Omero. Infatti egli era un grande amante della letteratura e si dilettava nello scrivere commedie e tragedie.

Durante il suo breve regno, Tolomeo Filopatore, riuscì anche a godere delle gioie procurate dalle vittorie militari, la più grandiosa delle quali fu quella contro Antioco III Il Grande, re della Siria. Quest’ultimo, difatti, nel 221 a.C. iniziò una guerra contro l’Egitto per la conquista di Israele, che ebbe termine nel 217 a.C. nella gloriosa battaglia di Rafia che vide vittorioso l’esercito guidato dallo stesso Tolomeo.

A tal proposito è stimolante citare due episodi al riguardo.
Tolomeo, dopo aver sconfitto Antioco, come egli sosteneva, coll’aiuto del Sole, per celebrare le feste della vittoria e ingraziarsi il dio non solo fece grandiosi sacrifici, ma dedicò anche quali vittime quattro elefanti di enormi dimensioni, credendo in tal modo di rendere omaggio alla divinità. Fu però turbato da un sogno in cui il Sole lo minacciava per aver ordinato quell’inconsueta e assurda offerta. Senza batter ciglio fece allora fondere quattro elefanti di bronzo e li consacrò al dio al posto di quelli che aveva immolato, per placarlo e renderlo favorevole, senza pensare che così aumentò soltanto il sacrificio di materiali e vite umane, perse nella produzione degli idoli.
Il secondo episodio viene citato nel Terzo Libro dei Maccabei (apocrifo per la Chiesa Cattolica, ma non per quella Ortodossa): Tolomeo, dopo questa esaltante vittoria,  si trattenne per alcuni mesi nel territorio occupato percorrendone le città e visitandone i santuari, per puro diletto. Tra i santuari che egli desiderava visitare c'era anche il Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme, il penetrale, in cui non entrava che il sommo sacerdote una volta all'anno. Gli Ebrei si opposero al suo desiderio, ma egli volle entrare ugualmente, e Dio, dopo una preghiera del sommo sacerdote, lo colpì di una stupefazione e di un irrigidimento, che non ebbe termine se non quando il re fu trasportato fuori.
Si continua poi a narrare che per vendetta Tolomeo ordinò che gli Ebrei non potessero ottenere il diritto di cittadinanza in Alessandria, se non facendo omaggio al culto di Dioniso e portandone sul corpo a segno indelebile il simbolo, l'edera. Gli Ebrei rifiutarono, e allora l'ira del re si riversò sugli Ebrei dell'interno dell'Egitto, che, accusati di tradimento, furono trasportati in Alessandria per essere condannati e giustiziati.
E’ degna di ammirazione la modalità che il Re scelse per la condanna: ordinò che tutti gli ebrei condotti in città venissero rinchiusi nell'ippodromo, per poi scatenare contro di loro la furia di 500 elefanti drogati con vino e incenso. Ma ancora una volta fu l'intervento divino a salvare gli ebrei: Tolomeo per due giorni cadde in un sonno profondo e dimenticò il suo proposito di vendetta.
Il terzo giorno tornò all'ippodromo per dare compimento al suo empio disegno. Quando fu in procinto di aizzare le bestie contro la folla di circoncisi rinchiusi, due angeli comparsi dal Cielo fecero rivoltare gli elefanti contro le truppe di Tolomeo, massacrandole. A questo punto Tolomeo si rassegnò, liberò gli ebrei e consegnò loro delle lettere di protezione per tutti i governatori dell'Egitto.

Infine vorrei narrare un’ultima vicenda, esemplare anch’essa.
Il re di Sparta Cleomene III, figlio del famigerato Leonida II, combattendo la guerra del Peloponneso contro gli Achei, arrivò nel 223 a.C. ad una stretta finale del conflitto: la battaglia di Sellasia, una cittadina non lontana da Sparta. Qui si decideva la sorte della guerra e le forze rimaste degli eserciti si fronteggiarono perciò a viso aperto. Cleomente perse questa ineluttabile battaglia e, per evitare la persecuzione, fuggì con la famiglia ad Alessandria d’Egitto, alla corte dell’amico re Tolomeo III, il quale lo accolse con grande generosità, accomodando ogni sua richiesta. Ma l’anno dopo vi fu la successione al trono d’Egitto e da quel momento l’ospitalità si tramutò in sequestro.
La segregazione durava ormai da parecchi mesi, così, mentre che Tolomeo assisteva alle grandi cerimonie del culto di Serapi a Canopo, l’orgoglioso Cleomene tentò d’evadere e di sollevare gli alessandrini contro il loro re. Ma il suo disegno non riuscì e Cleomene e i suoi partigiani non trovarono altro rifugio che il suicidio. La loro morte però non saziò del tutto la vendetta che il Filopatore voleva riscuotere per quel tentativo: egli fece mettere in croce il cadavere dell’ex re di Sparta e fece strozzare ai suoi piedi la moglie, la madre e i figli di quel disgraziato.

Abbruttito dalle dissolutezze, morì ancor giovane nel 205 a.C. e lasciò come unico erede al trono il figlio di 5 anni. Perciò il corrotto entourage di corte assassinò la degna e coraggiosa Arsinoe e prese il potere, conducendo però l’Egitto verso una lunga serie di sconfitte militari e rivoluzioni.

Gli storici sostengono che con Tolomeo IV iniziò il declino dell’Egitto ma, a mio parere, grazie anche al suo temperamento scellerato, alla sua vanagloria e alle sue imprese, questo re merita una fama che non ebbe e per questo è degno di un posto nel numero degli antidemocratici.

Il Vecchio

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