Su di voi cade il mio sputo, democratici. Il mio sputo vuole prendersi beffa della vostra grigia esistenza, e vuole infierire con furia d'acciaio sulla vostra democratica debolezza. Siete deboli, e non potete difendervi dai miei attacchi vigorosi. Vi tiro un pugno, vi schiaffeggio, e voi non riuscite a impedirmelo. Si sprigionerebbe troppa energia, e l'energia non è per voi. E poi non riesco proprio a immaginare vedervi combattere e impugnare un'arma. Quando penso a voi penso piuttosto a una stampella. È il vostro oggetto la stampella: se qualcuno mi chiedesse di associarvi a qualcosa, io vi assocerei alla stampella. E alla gobba - oh, sì, bella accoppiata gobba e stampella. La stampella vi sorregge goffamente nella vostra insicurezza e scandisce il ritmo della fiacca monotonia -
toc
toc
toc;
e la gobba disegna con smorfia ripugnante la forma vergognosa del vostro vigliacco passeggiare. Perché siete dei vigliacchi, democratici. Quando qualcosa minaccia la vostra tranquillità, voi lo evitate come il torero evita il toro, e vi voltate dall’altra parte, e riprendete a sorridere. I vostri ideali sono buoni fino a che non diventano pericolosi.
Quello che per voi è minaccia per me è vita: voglio che quel toro mi uccida, che le sue corna possenti si infilino nel mio torace. Il toro è ciò in cui credo: qualcosa che si muove, che guarda avanti, che prima va a destra e poi a sinistra, e poi torna indietro, e salta, e cade e urla e si rialza, e incorna una muraglia di acciaio dieci venti cento volte. Mai niente dev’esser lineare. Voglio che i miei muscoli siano sempre pieni di fuoco, e ardano come ardono gli occhi del toro. Il toro è il recinto spaccato, è la fuga incontrollabile. Voi invece siete prigionieri, voi miserabili. Prigionieri miserabili. Prigionieri di una stanca mediocrità senza vertebre. E di un muro. Un muro orizzontale, massiccio, impenetrabile, che vi tiene tutti a terra e vi impedisce di abbracciare con foga il cielo eroico del Futuro. E permettetemi una risata – oh sì, una gran bella risata quando penso che il muro ve lo siete costruito da soli, mattone dopo mattone, preghiera dopo preghiera, rinuncia dopo rinuncia.
Voi vivete in branchi, vi sorreggete l’un l’altro, vi influenzate l’un l’altro; la codardia di uno diventa la codardia di tutti; e se anche ci dovesse essere una voce contraria, di potenza, di coraggio, beh, essa poco a poco si smorzerebbe, stremata dal vostro continuo salmodiare.
salmodiare.
salmodiare.
Per tutta la vita la stessa nota, cantata nello stesso modo, con la stessa cadenza e lo stesso torpore. Sempre uguale. Questa è la vostra esistenza. Ah, come vi detesto, democratici!
Ma verrà il giorno! verrà il giorno in cui un lampo illuminerà il cielo, e insieme al cielo i vostri occhi, cosicché diverrete consapevoli della vostra inutilità, e dell’inutilità della vostra camicia sempre allacciata, e della cravatta sempre pulita, e dei pantaloni sempre stirati. E vorrete allora svestirvi di tutto, buttare tutto al vento; ma sarà troppo tardi! oh sì, sarà troppo tardi; e vi toccherà di morire congelati nella vostra secca mediocrità, incapaci di abbattere quel muro che giorno dopo giorno avete rinforzato, e che vi ha reso quel che siete, marmaglia di vigliacchi che cammina a testa bassa per timore di tradire la propria comoda morale.
Ruhollah
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