domenica 18 giugno 2017

Sul ringraziamento

Oggi che è domenica vi faccio un regalo e vi spiego cosa sta dietro al fatto che, quando qualcuno compra qualcosa in un negozio o in un bar, sia il cliente che il venditore dicono "grazie". Infatti questa cosa non ha senso, perché due persone non possono essere reciprocamente grate per lo stesso motivo. Bene, la storia è che il cliente ringrazia il negoziante perché egli gli ha fornito un servizio che, contando solo sulle sue forze, il cliente non avrebbe potuto ottenere. E ok. Il negoziante poi ringrazia a sua volta il cliente per un altro motivo: infatti generalmente, per lo stesso servizio, un cliente può rivolgersi a tanti negozianti diversi, per cui il ringraziamento è una cosa tipo "grazie per aver preso il caffè da noi, così i soldi abbiamo presi noi invece che quegli stronzi del Caffè del Collegio, che tra l'altro hanno anche un negro nel personale". Il problema, e ciò che spiazza la gente comune, è che i due ringraziamenti avvengono spesso a poca distanza l'uno dall'altro, a volte quasi simultaneamente. La qual cosa fa sembrare che, dopo che il cameriere appoggia il caffè sul bancone, sia il cameriere che il cliente ringrazino entrambi per il caffè. Ma ormai avete capito che non è così. Ricapitolando semplicemente: i ringraziamenti quasi contemporanei di cliente e negoziante sono in realtà rivolti a situazioni e campi di possibilità diversi. Niente volevo solo dirlo.

-Il Vecchio


sabato 15 aprile 2017

Il superuomo è un automa: un decalogo sull’intelligenza creativa.


Le righe che seguono sono percorse da considerazioni talvolta buone e in parte originali, non foss’altro che quanto in esse mi sembra buono e ben riuscito non sia per nulla originale, mentre la qualità di quel che in esse si può trovare di originale possa senz’altro essere revocata in ragionevolissimi dubbi.  Per arrangiare una variazione su de La Rochefoucauld, l’omissione di una citazione è l’omaggio che la mediocrità rende all’originalità. Siccome non sono per nulla creativo, ho copiato l’idea del decalogo dalla celebre pagina “come il mondo vero finì per diventare favola” del Crepuscolo degli Idoli Nietzsche e anche da manifesti tra i più vari.

1.        Non pensate a un ragno con il monocolo e i baffi. Indubbiamente lo avrete immaginato. Chiedere di esercitare la creatività non è diverso, e prescrivere consigli in questo senso non sembra somministrare un fastidio diverso da quello incuneato nel fianco dall’ordine di disobbedire o dall’odiatissima ingiunzione ad essere naturali (o al diventa ciò che sei del Nietzsche domatore di cavalli). E proprio come quando ti sollecitano ad essere naturale fremono le palpitazioni, pruriginano le orticarie e tiratissimi sorrisi si allungano sul tuo viso (ti verrebbe da dire che no, che tu sei artificiale!), così all’ingiunzione della creatività vien voglia di opporre una proterva resistenza passiva: io no, non creo, neanche sotto tortura!
2.       Andate a scuole repressive. Talvolta capita di sentire qualche professore che se la prende con la scuola, sostenendo che essa finisca col frustrare la creatività degli studenti e magari proponendo fantasie al potere e coloratissime scuole di creatività.  Tra l’altro una storia già sentita tante volte (cioè ben poco creativa), e che evita l’incomodo di esaminare l’inspiegabile rigoglio dei tanti creatori in epoche passate, allorquando le scuole erano ferocemente severe e terribilmente repressive. In ogni caso, la repressione aguzza l’ingegno, mentre l’esortazione alla creatività paralizza e inclina a scivolare agiatamente nell’infingardaggine.  
3.       Non esagerate con le idee. Hegel ha detto una volta una cosa spietatamente vera: le idee sono a buon mercato come le mele. In proposito, si racconta di Einstein che a un tale, che si vantava delle innumerevoli e mirabili idee brevettate, avesse risposto “sa, io di idee ne ho avuta una o forse due”.  Le idee devono essere coltivate con il garbo delle mondine in risaia, non è possibile piantarne una troppo vicina all’altra.
4.       Copiate, non create. Il segreto della creatività è un segreto di Pulcinella. Per essere creativi bisogna fare esattamente il contrario di quel che consigliano quei professori della scuola creativa: bisogna copiare, copiare e ancora copiare. Quando tutto quello che sarà stato copiato uscirà dagli occhi e dalle orecchie, quando ogni verso, ogni nota, ogni disegno sembrerà una citazione, ecco che forse potrebbe emergere qualcosa di simile a una creazione, o (almeno) di meno simile a una ripetizione. Omero è un’emergenza della tradizione formulare, cioè degli aedi-pappagalli, ed è La Poesia nella sua epifania aurorale più dorata e primigenia, una vibrazione di minute variazioni atmosferiche che gonfiano lo stile luminoso e creativo delle origini, ma pur sempre il limaccioso sedimento di un antichissimo processo di ripetizione di frasi fatte, copiatura e variazioni sul tema per nulla originali. Il punto è semplice: è un inguaribile sbaglio associare il genio alla sregolatezza; il genio non ha meno regole degli altri, ne ha molte di più.  Pensare è il lavoro della mano, scriveva Heidegger, e dal par suo Anassagora considerava la manualità all’origine della superiorità umana sulle fiere, cosicché non è per nulla originale sostenere che la stoltezza meccanica della memoria digitale preceda l’intelligenza, o ancor meglio che l’intelligenza sia poco più di un nome e un camuffamento, forse un separé, uso a sottrarre agli sguardi indiscreti degli spettatori la sgraziata minuzia degli scarabocchi e l’automatica  stupidità dei crogiuoli da orologiai mirabilmente escogitati per raggirare gli sprovveduti.  L’intelligenza sale dalla mano al cervello con l’arte dell’imitazione e della copiatura proprie degli amanuensi.
5.       Leggete “angolo bar a Bologna”. Rileggete da destra a sinistra: troverete solo una ripetizione, ma indubbiamente più sorprendente dell’originale.La ripetizione altera e contamina sempre l’originale, secondo quel meccanismo insistentemente sottoposto all’attenzione da Derrida con il sostantivo differance (scritto volutamente differance, invece che difference, tanto che sua madre ebbe a lamentarsi con il suo Jackie per quest’apparente svista endemicamente sparsa nei suoi libri). La memoria delle mutazioni genetiche conserva e riproduce gli errori casuali, e nell’iterazione produce nuovamente alterazione, infine, senza che la più flebile traccia di un divino artefice intervenga come la pentecoste nel processo evolutivo, in tempi abbastanza lunghi, dalla stupidità può emergere una forma di intelligenza, come dalla stupidità di una singola termite può emergere la mirabile architettura di un termitaio, così curiosamente simile alle verticalizzazioni della Sagrada Familia, e non è escluso che Gaudì possa essere in fondo considerato un termitaio di neuroni.
6.       Inventariate, non inventate. La risorsa più preziosa per copiare sono gli inventari e i cataloghi, lo sapevano già i latini. Cosa avrebbe potuto scrivere mai Plauto senza “contaminatio”, ovvero senza copia e incolla? “Inventio”, in latino, vuol dire due cose: la trovata-scintilla che sembra scoccare dal nulla, quella dell’inventore fulminato come una lampadina insomma, e il copia-incolla annotato nel proprio repertorio personale, cioè la frase fatta o il luogo comune utile a fabbricare discorsi retorici e svicolare. Ora, non c’è niente che aiuti a inventare tanto quanto l’inventariare, per esempio con il fasto alessandrino offerto da Internet; e se alla fine non si riesce a inventare gran ché, almeno non difficilmente si inciamperà nella scoperta che molte pretese invenzioni sono in verità vecchie come il cucco. 
7.       Classificate, non costruite. Questo principio discende direttamente dal precedente, la sottovalutatissima operosità dell’entomologo e del botanico, del Darwin osservatore instancabile, classificatore, ordinatore, metodico raccoglitore di minuzie e ripetute conferme, non sono queste le qualità del genio? Con il giusto tempo di coltura, imparare a memoria fa il genio.
8.       Esemplificate, non semplificate. Leibniz sosteneva che quanto più attentamente un uomo avesse esaminato figure di piante e animali, di fortezze o di case, letti romanzi e racconti ingegnosi, tanto più   maggiore sarebbe stata la sua conoscenza, anche se in tutto quello che gli è stato dipinto o raccontato, non ci fosse una sola cosa vera. Gli esempi sono una fiorente e lussureggiante risorsa, e sono il bello della cultura, che dunque non paralizza la creatività, ma la rende possibile.
9.       Cercate oggetti e non soggetti. Ci sono più cose tra la terra e il cielo che in tutte le nostre filosofie. Gli oggetti che popolano la nostra vita sono un universo di esempi concreti, e in più non allestiscono (in genere) le mistificazioni e automistificazioni dei soggetti. A guardarli bene, c’è da trarne una quantità di idee e soluzioni, o, mal che vada, si possono riempire pagine e pagine come fanno Zola e Proust quando non sanno come proseguire i loro romanzi, per la gioia di lettori volenterosi e sprovveduti.
10.   Mandate al creatore i creativi. Non in senso maligno, ma così, alla buona, che se li goda Lui, noi ci teniamo i banali e i ripetitivi, perché il luogo comune, l’ovvio e l’ottuso, non solo hanno dalla loro la mancanza di pretese, l’essere alla buona che induce all’indulgenza, financo alla complicità, ma rivela l’essenza metafisica del mondo: Tat Tvam Asi, tu sei questo. 



Immagina...



8 novembre 2089. Mentre le nubi tossiche si diradavano leggermente, il giovane e la sorella uscirono dalla loro tana, cercando qualche lucertola, qualche verme, qualsiasi cosa per sfamarsi. La guerra aveva reso difficile trovare da mangiare. Mentre scavavano, il ragazzo iniziò a sentire una voce lontana, che si avvicinava a ritmo sostenuto. Si alzò e guardò verso destra, e vide l'esercito che si stava avvicinando a passo di marcia, mentre i soldati intonavano una canzone. Il giovane tese l'orecchio per ascoltare le parole:

Imagine all...you may say....as one...

Non capiva bene il significato, non aveva mai studiato la lingua dei liberatori. Si avvicinò al troncone più laterale, che marciava di fianco ad un enorme carro armato, alto come un palazzo e largo come una collina. Vide tra i soldati uno con la faccia pallida e i capelli biondi, sembrava proprio uno della sua stessa terra. Si avvicinò e iniziò a parlargli, nella sua lingua:
"Ciao. Sei anche tu di qui?"
"Ciao ragazzo. Sì anche io sono di queste terre. Mi sono arruolato coi liberatori, stiamo andando a liberare altri popoli."
"Che canzone cantate?"
"È la nostra marcia. È l'inno dei liberatori."
"E che cosa dice?" "Parla della liberazione."
"Liberazione da cosa?"
"Dal diverso."
"Non capisco."
"Perché sei ancora giovane. Vedi, noi umani abbiamo sempre fatto la guerra, perché siamo diversi. Abbiamo sempre odiato le cose diverse da noi, chi parlava diversamente, chi pensava diversamente, chi pregava diversamente. Finché così un uomo della terra dei liberatori non disse basta; disse che il mondo non doveva essere diverso, che se fossimo stati tutti uguali avremmo avuto la pace, e così da allora i liberatori girano per tutto il mondo per eliminare le diversità. Se diventiamo tutti uguali finalmente ci sarà la pace dappertutto, non importa quanta gente dovrà morire, sarà per una giusta causa. E così adesso che anche noi siamo uguali stiamo andando a fare sì che altri siano uguali. Nessun confine e nessuna razza, nessuna proprietà, la fratellanza dell'umanità finalmente!"
"Hai qualcosa da mangiare? Da quando il sole non c'è più io e mia sorella non troviamo più da mangiare."
Un urlo. Dalla testa arrivò un ufficiale, estrasse la pistola e la puntò contro il ragazzino. Iniziò a fare domande al soldato che gli stava parlando, questi cercava di scusarsi. L'ufficiale guardò il ragazzo negli occhi, poi sparò. Era proibito parlare in lingue diverse da quella dei liberatori. La sorellina da lontano vide tutto e scappò. L'ufficiale rimproverò il soldato con uno schiaffo, questi tornò in fila scusandosi. Tutta la colonna continuava imperterrita nella sua marcia, cantando a squarciagola, mentre il tamburo teneva il tempo.

Imagine there’s no countries It isn’t hard to do Nothing to kill or die for And no religion too Imagine all the people Living life in peace…

Il Tidide Diomede

domenica 2 aprile 2017

Lo spettacolo sono gli spettatori



negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri negri  

                                               Getti di silenzio vittorioso dei negri

L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente 

                                               Getti di sguardo dell'Occidente 
                                               Getti spermatici di vittoria
                                               Getti spermatici di vittoria

recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto
recinto                                                                                                              recinto
recinto                                                                                                              recinto
recinto                                                                                                              recinto
recinto                                                                                                              recinto
recinto                                    negri negri negri negri negri                                 recinto
recinto                                    negri negri negri negri negri                                 recinto
recinto                                                                                                              recinto
recinto                                                                                                              recinto
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recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto recinto
                                                 
                                                   Getti spermatici di vittoria
                                                   Getti spermatici di vittoria
                                                   Getti di sguardo dell'Occidente

L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente L'Occidente

                                                Getti di silenzio vittorioso dei negri

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domenica 12 marzo 2017

Manifesto del maschilismo del ventunesimo secolo

Complice una cultura romantica del buon sentire, dell'attenzione spasmodica all'altrui bene e dell'altruismo, il maschio occidentale si trova all'alba del ventunesimo secolo sfibrato e smarrito, privo d'identità e di meta. Donne che si vestono come uomini, che lavorano come uomini, che pensano e scopano come uomini, donne che addirittura hanno l'uccello, hanno a tal punto rimbambito il maschio moderno che l'immagine di questi riflessa nell'acqua pare un incrocio mal riuscito tra un fagiano e un termosifone. La retorica sui diritti delle donne ha spolpato gli uomini, le scempiaggini sull'emancipazione lo hanno reso malato e triste: si rende necessaria la ricostruzione del pisello.

Tale ricostruzione non può di certo avvenire mediante il recupero del maschilismo antico; questo, infatti, portava in sè i germi del femminismo: le belle parole sulla donna come angelo del focolare, la donna come simbolo di purezza e castità, la donna come tesoro da proteggere e conquistare. Tutti questi nei sono cresciuti nel tempo, fino a diventare il tumore che avvilisce il maschio odierno, facendolo preoccupare per le donne e per i loro sentimenti. Giammai!

Siamo dunque alle porte di una nuova era di vero maschilismo, che si propone di inaugurare il nuovo maschio: L'UOMO CHE SE NE FOTTE!!! La donna si sente triste e sola? FOTTITENE! La donna protesta perché non può votare? PICCHIALA! La donna si lamenta che le spettano i lavori più umili e duri? FALLA LAVORARE DI PIU'! Duri poco a letto e lei si lamenta che non è venuta? CAZZI SUOI! Ricordiamoci che la donna altro non è che un'incubatrice per altri uomini, o eventualmente un'incubatrice di incubatrici, non lasciate che il potere della figa vi ottenebri le menti e vi faccia pensare che sono importanti. Una donna non ve la dà? FATEVI UNA SEGA, di mani ne avete ben due, cazzo! E se alla vostra donna piace essere trattata male, allora trattatela malissimo. Basta canzoni d'amore, basta rose, basta cortei per abortire o per voler scopare tra donne, basta pantaloni che sembrano gonne e bagni per le femmine, FACCIAMOLE CAGARE PER STRADA! L'ordine del giorno imperativo risuoni per il prossimo secololo: MASCHILISMO O BARBARIE! Sia la parola d'ordine che risuoni nei nostri cazzi, affinché Dio (che ovviamente è un maschio) ci dia la forza per resistere.

Il Tidide Diomede

martedì 28 febbraio 2017

La La Land

La porta di servizio è stata dimenticata aperta. È facile dimenticarsi la porta di servizio di un parco  nazionale aperta. Entrano rapidi. Sono gigantesche macchie nere nella nera notte armate di fucile. La notte quando ci sono i negri diventa un ghepardo nero... devono prendere il corno dei rinoceronti.
Il corno di rinoceronte è l'unica cosa che lo faccia indurire ai mandarini cinesi. Il corno di rinoceronte è l'aria che indurisce il cemento flaccido con cui si costruiscono i loro cazzi i mandarini cinesi. Il corno di rinoceronte cura il cancro che l'aria arrabbiata porta mordendo i polmoni ai mandarini cinesi. Le macchie nere nella notte nera costituite dai negri giganti armati fanno impressione alle notte. La notte si sente sporca. La notte usa la pietra pomice per levarsi le macchie di negro sul nero. I negri sono aiutati un po' da tutti perché i corni di rinoceronte sono soldi facili e tutti vogliono fare a metà con loro: la Corea del Nord fornisce le armi, l'Italia i vestiti firmati, l'Isis un motivo per farlo, gli alieni di Urano gli danno l'orgasmo erotico dell'azione parassitando i loro corpi... il vero motivo, però, per cui tutti aiutano i negri a uccidere i rinoceronti non è per i soldi, è che vogliamo morti i rinoceronti. I rinoceronti ci fanno paura. Girano per i cortili e mangiano i bambini, salgono sulle altalene impedendo ai cacciatori di pantere di uccidere le pantere al parco giochi, rubano le siringhe agli eroinomani per iniettarsi sangue di negro sotto le ascelle...
In Sud Africa c'è un parco nazionale in cui delle teste di cazzo difendono i rinoceronti: c'è una svedese di vent'anni, tre negri bianchi e dieci uomini crostaceo con la lingua viola dentro un cerchio di carne putrefatta che sembrano buchi nel terreno, ma sono mostri che vengono da Venere: si chiamano Granchi Al Manganese. 
La notte si grattugia la pelle per tirarsi via i suoi nei neri. I nei neri corrono dentro un recinto con dentro due rinoceronti. Il rituale vuole che vengano uccisi lentamente, per ricordare al rinoceronte la piramide sociale: all'apice i mandarini cinesi col cazzo floscio, poi i negri con il mitra, poi i funamboli con la rabbia dentro e infine i rinoceronti. Uno dei negri neri inizia a succhiare il sangue alla bestia (gli fa due buchi con dei chiodi di acciaio e inizia a succhiare, sapendo perfettamente che chi beve il sangue di rinoceronte diventa rinoceronte a sua volta) gli altri due  dentro i loro vestiti Gucci stanno attenti a che le guardie non arrivino; l'altro rinoceronte si è sciolto in una pozzanghera fosforica per il terrore, il suo corno galleggia nel fosforo. La notte scappa perché pensa di avere un tumore alla pelle a causa dei negri neri. Compaiono le guardie del giardino. I negri neri sparano su tutto – fuorché sulla svedese perché gli abitanti di Nuova Europa non si uccidono – non hanno rimorsi, perché è una guerra confusa tra troppi schieramenti e loro non possono schierarsi con nessuno, ma sanno perfettamente che sono contro i rinoceronti. Muoiono i negri bianchi mentre il rinoceronte dissanguato diventa un gigantesco prepuzio cuoioso (essendo la sua pelle svuotata della sua essenza vitale come un cazzo del suo sperma). I granchi al manganese restano come buchi nel terreno perché a quelli di Venere non gliene frega un cazzo di questa guerra. La svedese è diabolica, approfitta della sua immunità internazionale per urlare una fontana di metallo bianco dalla sua bocca, i negri neri a costo della loro vita le infilano i cazzi in gola rendendoli bianchi di metallo bianco. La svedese si rinchiude man mano all'interno del suo corpo parassitandolo e non più coincidendo con esso: se la svedese avesse avuto un verme solitario questi sarebbe stato più partecipe di quel corpo che la svedese. Il negro nero che aveva bevuto il sangue diventa un rinoceronte, con il suo ultimo sprazzo di ragione prende del veleno di magnetite e si trasforma in una carnosa pianta carnivora blu. 

Antonio De Olivera Salazar 

lunedì 6 febbraio 2017

Venezia è bella, ma non ci vivrei.

Piazzerò una bomba. Sì piazzerò una bomba. Sono un uomo piccolissimo, ma l'esplosione sarà gigantesca. Perché alla fine tutto finisce e le esplosioni finiscono le cose. È la volontà di Dio l'esplosione. Compro un po' di polvere da sparo, la metto dentro a un vaso e BOOM. Già so la ricetta per una bomba perfetta è tipo come fare Ricordo di lepre di Bottura solo che invece dell'amore bisogna metterci l'odio. Che spettacolo l'odio. Voglio fare il profeta che distrugge le città e Dio è la bomba. L'appoggi contro il municipio... esatto così... Sì... Appoggiala contro il municipio... passa la mamma con il passeggino - ha un bel culo... e intanto scappelli la bomba con la mano... tutto l'afflusso del tuo sangue è dentro la bomba... tutto il tuo cervello è dentro la bomba... tutta la storia del mondo in questo preciso istante è dentro la bomba: tutto quello che è successo fin'ora è stato per la bomba... dopo chissà, ma ora la bomba... in alto, un gigantesco formichiere con dei tentacoli rappresenta il mio odio... Dio, la bomba... ho un tronco tra le gambe... devo solo decidere se farla esplodere ora, che la mamma con il bel culo è vicina, o aspettare quella scolaresca di bambine di dodici anni... le bambine di dodici anni sono patrimonio dell'umanità, ma le donne impediscono lo sfruttamento delle cose belle perché vogliono che scopiamo loro... Non si possono scopare i gatti, non si possono scopare i sassi, non si possono scopare i bambini, non si possono scopare i culi, non si possono scopare le bocche, non si possono scopare i quadri costosi, non si può scopare il sole: solo le donne che possono partorire, solo le donne che dopo gli viene una pancia mostruosa con dentro un bambino, solo le donne che si gonfiano come brufoli dopo un'indigestione... Ma devo stare concentrato la bomba deve giudicare questa città... la bomba deve giudicare tutti... bisogna distruggere le cose perché le cose non ci dominino a livello metafisico. Le cose sono ovunque riempiono tutto, comandano tutto... mi osservano le cose... mi vogliono morto, ma non mi fottono NON MI FOTTONO... voglio il Nulla è per questo che faccio esplodere le cose... sono un guerriero del vuoto... sono solo... tutto il mondo fa cose... io le distruggo... Dio perché non hai raso al suolo Ninive e li hai perdona? Perché si sono vestiti di sacco? Non basta il pentimento per punire il reato di esistere tutta questa esistenza... è tutto pieno... non c'è posto... sono claustrofobico... mi manca l'aria... voglio respirare un po' di vuoto DOV'È IL VUOTO... guarda le bambine che passano davanti al municipio... hanno i jeans blu e i capelli biondi... sto tentennando... ho paura dell'esplosione... ho paura del rumore che fa il Nulla quando trionfa a livello ontologico... in cielo il formichiere si sta rimpicciolendo compare uno stormo di cavalli viola che urla. URLA. URLANO TUTTI. Sento gli insetti urlare. Urlano perché hanno paura dell'esplosione. Io ho paura dell'esplosione... Ma piazzerò una bomba. Sì piazzerò una bomba. Sono un uomo piccolissimo, ma l'esplosione sarà gigantesca. Perché alla fine tutto finisce e le esplosioni finiscono le cose. È la volontà di D...

Antonio De Oliveira Salazar


martedì 31 gennaio 2017

La nuova pubblicità del Dado Star come traccia per un romanzo di fantascienza



Tra i più eclatanti non sequitur apparsi nel panorama pubblicitario degli ultimi tempi segnaliamo il nuovo claim della pubblicità del Dado Star: «se non c'è Dado Star non c'è risotto e se non c'è risotto non c'è famiglia». Poniamo che sia così. Immaginiamoci un mondo nel quale senza Dado Star non è possibile fare il risotto e senza il risotto non è possibile mantenere una famiglia. Il globo potrebbe essere diviso in due grandi superpotenze in lotta fra loro, di cui una fondata sulla famiglia e quindi sul risotto e quindi sul magico Dado. Essa sarebbe certamente governata dal consiglio di amministrazione della Star e immaginiamo pure che il suo popolo sarebbe costituito da una vasta massa lavoratrice e mangiatrice di risotti. Il risotto sarebbe qualcosa di simile all'eroina per l'eroinomane. La massima aspirazione femminile sarebbe di fare la mondina. Sorgerebbero gruppi canori di mondine in ogni dove e le esibizioni canore diverrebbero la forma di intrattenimento più diffusa. Il momento industriale dell'impacchettamento del Dado sarebbe molto simile ad un rito religioso, l'unica benedizione capace di rendere il magico dadino risottificatore. Lascio al lettore l'immaginazione della superpotenza nemica e pure gli affido l'onere della stesura completa del testo. Per i diritti mi accontento del 15%.

L'animo del Giaguaro