domenica 23 ottobre 2016

In difesa di Fedor Pavlovic Karamazov

Nota: nel seguito verrà utilizzato il termine Avere coscienza con l'intenzione di indicare quel modo di pensare più concreto del pensare e basta. Un malato in maniera mortale può pensare serenamente al suo male, ma non può essere tranquillo quando ne ha coscienza.


Siamo di fronte a un mondo che ha perso i contatti con Dio. Inevitabilmente. Non si fa più sentire. Siamo digiuni di traversate del Mar Rosso e di acqua che diventa vino. Ci restano quindi gli atei e gli pseudo atei. 
Le due categorie (atei e pseudo atei) si ritrovano su due fronti diversi, litigano, ma fondamentalmente rientrano tutti nel calmiere che si sente orfano di Dio. Le sfumature tra i due si limitano soltanto a una questione di moda. Entrambi stanno dal versante che ritengono più cool.
Gli atei e, non gli autodefinenti atei, sono coloro che non solo non sentono più Dio e sono offesi da questo (come tutti), ma terribilmente arrabbiati con il loro Padre hanno deciso che non esiste: sono il ragazzino che, abbandonato in tenera età dai genitori, rifiuta in maniera categorica di essere stato abbandonato e si inventa storie pazzesche sulla sua genesi (sono una scimmia che ha perso i peli che a sua volta era un luccio che non aveva i peli che a sua volta era un batterio che passava le giornate a spezzarsi in due). 
Gli pseudo atei sono tutti coloro che in una qualche maniera pensano in maniera asettica all'esistenza di Dio senza però viverlo in maniera cosciente: tra questi andiamo dal papa all'intellettuale pascaliano. Il loro credere però non è una cosa conscia è come credere nell'esistenza dell'Africa senza mai esserci stati. Se ne prende atto, ma è un concetto astratto fine a sé stesso. 

Se ci fosse qualcuno che crede veramente, in maniera conscia. Se avessimo una persona che ha parlato con Dio come i vecchi profeti, vedremmo le montagne spostarsi e i fulmini piovere sui bestemmiatori, ma non ci è fatta grazia di questo miracolo.

Fatta questa presentazione, andiamo al punto. Il fatto che bene o male, nessuno senta veramente l'esistenza di Dio ci porta al punto successivo: perché vivere? su questo problema ci stiamo sbattendo la testa da tremila anni. Spiegandosi meglio: se Dio esiste e io ne ho coscienza, anche se non so perché vivere, comunque in lui è già compresa la risposta all'interrogativo e, sì, sapere che comunque da qualche parte un essere sa perché bisogna vivere è comunque più confortante di pensare che da nessuna parte ci sia qualcuno che sa perché vivere. 

Ma siamo tutti dell'avviso che da nessuna parte ci sia qualcuno che sa il perché. Quindi a livello del tutto naturale potremmo anche farci prendere dal panico. Gente potrebbe perdere la testa e ammazzarsi (totalmente a caso). Alcuni potrebbero fingere per tutta la vita di aver visto Dio pur di non ammettere la sua non presenza. E poi c'è l'eroe: Fedor Pavlovic Karamazov.
 
Fedor Pavlovic Karamazov è un miracolo. Padre dei fratelli Karamazov è l'incarnazione del vizioso e dell'attaccamento alla vita: il suo Dio è il corpo. Lui si erge di fronte al Nulla. Sputa in faccia ai propugnatori di ideali e gli fotte il portafoglio. Deruba il figlio per comprargli la sua donna. Imbroglia il povero e non ama nessuno. Di fronte ai diavoli che lo artigliano per portarlo all'inferno si aggrappa alla coppa della Vita e non si fa tirare giù e beve. Fedor Pavlovic non sa se esiste Dio, non sa cosa sia giusto o sia sbagliato, ma sa che fino a settanta anni dovrà prestare servizio al padrone più dolce di tutti. Piacere lo tiene legato al guinzaglio e lo conduce dove meglio starà. Fedor non è libero, ma a che cazzo serva la libertà quando godi? I seguaci della libertà e degli alti ideali sono solo un branco di spocchiosi che se non stanno più in alto degli altri non stanno bene. Fedro Pavlovic sta in basso, sulla sua testa volano pseudo santi e i grandi brillano in alto come stelle: che brillino e non rompano il cazzo! finché Piacere lo tiene al suo tavolo, Fedor Pavlovic starà bene e di voi che vivete in deltaplano e il cui unico piacere e cagare a duemila metri su i levrieri di Piacere, e il resto è solo invidia per loro, non gliene frega un cazzo. Fedor Pavlovic nel naufragio dipendente dal fatto che Dio non si fa sentire, dà la risposta più semplice e ragionevole: non si spara, non si impicca, non fa la guerra, non rompe i coglioni ad altri, ma diventa monaco di Piacere e sta bene.

Quando Dio mai darà spiegazioni Fedor Pavlovic si darà una ripulita e darà un lungo ultimo bacio di addio a Piacere e farà quanto è necessario. 

Antonio De Oliveira Salazar

domenica 9 ottobre 2016

Come far su una canna.

La preparazione della canna si suddivide in 3 fasi: preparazione materiale, preparazione mista, chiusura.

Fase 1: preparazione materiale.

Esiste una lista di attrezzi che io qui definisco “necessari”, ma non perché senza di essi si debba mettere via l’idea di far su o rimandare a un momento più propizio, semplicemente perché il seguente elenco contiene il materiale preferibile, la prima scelta, che permetterà una migliore resa del prodotto finale. La filosofia dei fattoni è che ogni elemento è sostituibile, a parte ovviamente l’erba o il fumo chiamati in questo contesto “materia prima”. Per tutti gli altri oggetti indicherò a tempo debito i giusti sostituti, nel caso la prima scelta non sia disponibile.
Ovviamente il progresso ci porta a una strumentazione di qualità sempre più elevata e che porta a risultati migliori e in tempi minori, ma non mi lascerò prendere dalla filosofia tecnologica ed esporrò il metodo classico.

Il materiale necessario per far su è il seguente:
  • grinder
  • cocca
  • filtro di carta
  • cartina lunga
  • sigaretta
  • erba o fumo
Evidenzio un concetto: le fasi 1 e 2 non devono per forza avvenire in quest’ordine cronologico (anche se è consigliato che lo siano); sovente capita che le due fasi vengano assegnate a due persone diverse, soprattutto per accorciare i tempi e per evitare che uno abbia su di sé tutta la sbatta.

Parliamo del primo oggetto in lista, il grinder: questo serve soltanto nel caso in cui si abbia l’erba, se si ha il fumo (hashish) è perfettamente inutile. Un ottimo sostituto del grinder è il grattugino, una tessera metallica forata, delle dimensioni di una carta di credito, molto comodo soprattutto perché lo si può tenere nel portafoglio. Nella prossima fase spiegherò anche come fare se non si ha a disposizione nessuno dei due.

La cocca è la ciotola in cui si prepara la mista. Ha questo nome perché una scelta classica è una mezza noce di cocco (ovviamente svuotata, seccata e pulita). Come alternativa si può usare una qualunque ciotola che sia abbastanza liscia, pulita, vagamente tondeggiante e comoda da maneggiare. Un esempio è una pallina da tennis ammezzata. Ovviamente anche in questo caso se ne può fare a meno e mettere la mista su un tavolo o un piano pulito o in mano.

Il filtro di carta viene fatto a partire da un foglietto rettangolare di cartoncino non troppo spesso, ma più spesso di un foglio di carta. Per avere un’idea il cartoncino deve avere una dimensione doppia dell’altra e la dimensione più corta deve essere lunga circa quanto è lungo il filtro di una normale sigaretta. In tabaccheria e nei negozi specializzati vengono venduti dei cartoncini con cui fare i filtri, questi sono ottimi perché hanno le giuste dimensioni e spesso anche dei taglietti che guidano la preparazione del filtro stesso. Le alternative usate più di frequente sono: biglietti del treno o del bus, biglietti da visita, flyers delle discoteche… Ovviamente questi vanno strappati in modo da ridurre le dimensioni.
Per preparare il filtro si prende il cartoncino dal lato corto e si fanno 4 pieghette alte circa 2 mm, una dopo l’altra in stile fisarmonica; dopodichè si arrotola il resto del cartoncino attorno a questa fisarmonica fino ad ottenere un cilindretto (fate in modo che sia il più regolare possibile) il cui diametro sia di 4/5 mm. Una indicazione della qualità del filtro (oltre alla regolarità del cilindro) si ottiene guardando la base del filtro: si dovrebbe vedere che la fisarmonica si sia disposta a forma di M. Ci sono tanti altri modi per fare un filtro e, in generale, questi si distinguono in base alla lettera che si vede guardando la base del filtro: esistono anche filtri a S, a O, ecc…

La cartina è difficilmente sostituibile. Invece di una lunga si possono incollare due cartine corte: si lecca il primo pezzo di colla di una e la si va a incollare sul lato corto dell’altra, dalla parte in cui non verrà messo il filtro, dopodichè si strappa la carta in eccesso. È importante guardare da che parte attaccare la cartina perché una parte della cartina lunga così formata non avrà la colla: si vuole che quella parte non sia la stessa in cui c’è il filtro (zona che richiede un’ottima adesione per mantenere salda la struttura). Tra le marche di cartine più famose, personalmente preferisco le OCB, in secondo luogo le Rizla e infine le Smoking.
Se non si ha la cartina è altamente consigliato cambiare tipo di fumata: bong, cilum, pipetta…
Se si è proprio disperati si può usare luna pagina di un libro che abbia una carta il più leggero possibile (ad esempio la Bibbia).

Come sigaretta ci si accontenta di una qualunque, potendo scegliere prendetene una il cui tabacco non sia molto forte e non copra il sapore dell’erba. Il tabacco delle sigarette è preferibile al tabacco sfuso perché più comodo da mescolare e da rollare.
Se non si hanno sigarette o tabacco si può far su un purino (solo erba).

Fase 2: preparazione mista

Se si fa su con l’erba si prende la quantità di erba desiderata (la quantità varia molto in base a qualità dell’erba, assuefazione, scimmia…) e la si sgrinda, ovvero la si mette nel grinder, cercando di evitare la zona centrale, si chiude il grinder e si gira il coperchio per una decina di secondi, alternando rotazioni orarie e antiorarie. Fatto ciò si apre il grinder e si mette l’erba sgrindata nella cocca, sbattendo corpo e coperchio del grinder un paio di volte per far cadere anche i pezzettini più incastrati. Se si ha la grattugia semplicemente la si posiziona sopra alla cocca e si gratta l’erba sui fori. Se non si ha nulla si staccano a mano piccoli pezzettini, uno per volta.
Se si dovessero trovare dei semi nell’erba toglieteli.

Se si vuole usare il fumo l’obiettivo è staccare dei pezzetti di fumo il più piccoli possibile, eventualmente scaldando il pezzo o facendo prima una bisciolina per rendere la cosa più facile. Ci sono tanti più modi per far su col fumo rispetto all’erba, ma non mi ci soffermerò.

Una volta che la cocca contiene l’erba o il fumo si procede ad aggiungere il tabacco della sigaretta e a mescolare BENE il tutto aiutandosi con una chiave, una sigaretta o semplicemente con le dita. La mista deve essere il più omogenea possibile. Come quantità indicativamente si fa un metà erba e metà tabacco (sarebbe meglio 2/3 e 1/3, se si ha la capacità di sostenere la fumata o si è in tanti). Se si ha il fumo si mette una sigaretta intera. Non buttate il filtro della sigaretta che tornerà utile alla fine.

Fase 3: chiusura

Durante questa fase lavorare tenendo la cocca (o un piano) sotto le mani in modo da poter recuperare l’erba che eventualmente cadrà.

Disporre la mista nella mappa sulla faccia in cui c’è la colla, in modo che, dei due lati lunghi, quello con la colla sia all’esterno; inoltre la mista non deve occupare tutta la cartina ma bisogna lasciare lo spazio per il filtro (senza metterlo per ora). Chiudere in due la cartina facendo in modo che pollice e indice di ogni mano si tocchino; mettere le dita (tenendole chiuse) di entrambe le mani dalla parte in cui ci sarà il filtro; tenendo fissa la mano più esterna far scorrere l’altra verso l’altro lato tendendo chiuse le dita e facendo contemporaneamente scivolare su e giù pollice e indice di entrambe le mani, facendo in modo che la canna inizi a prendere la sua classica forma conica. Ripetere l’operazione un paio di volte. Per far capire, il movimento su e giù che va compiuto con le dita è simile a quello che usiamo noi italiani per definire il denaro con un gesto.

Mettere il filtro nell’alloggio che gli era stato riservato, appoggiandolo per metà fuori e metà dentro sulla cartina e poi spingendolo verso la mista, in modo da evitare che dei pezzi della stessa si infilito tra filtro e cartina.

Ripetere nuovamente la rollatura fatta in precedenza, mantenendo pollice e indice di una mano fissi sul filtro e facendo scorrere di lato l’altra, stavolta seguendo, per le dimensioni, la guida del filtro.

Qua si arriva al momento più delicato di tutto il procedimento, la chiusura vera e propria della canna. Ci vuole tempo e impegno per arrivare a fare una chiusura perfetta e una descrizione a parole come sto facendo io non potrà mai rendere l’idea quanto vedere questo gesto compiuto da mani esperte; perciò il mio consiglio è: se ne avete la possibilità imparate a chiudere una stufa osservando bene un bravo rollatore.
Mentre fate su e giù con le dita e contemporaneamente muovete di lato una delle due mani arriverete al punto in cui la mano che state spostando si trova nel punto in cui finisce la mista e la cartina è più o meno vuota da lì in poi; a questo punto scendete delicatamente con i pollici, più del solito, (e allo stesso tempo salite con gli indici dall’altra parte, ovviamente) fino a che il lato lungo della cartina che è a contatto con i pollici non smette di toccare l’altra parte della cartina e inizia a toccare la mista. Appena ciò accade fermate il movimento ed iniziate quello opposto, ovvero far risalire i pollici facendo però attenzione che il lato della cartina che aderisce alla mista continui a farlo e si infili di conseguenza sotto all’altra parte della cartina (questa è la genesi vera e propria della canna). Adesso continuate il movimento nello stesso senso e cercate di avvolgere la cartina rimasta fuori alla giolla appena formata fino a che rimarrà fuori soltanto la striscia di colla. Tenendo ferme le dita e bloccata con delicatezza la canna, leccate la colla in tutta la sua lunghezza e, partendo dalla parte opposta del filtro iniziate ad incollare la cartina alla canna, scendendo pian piano fino ad arrivare a chiudere la cartina sul filtro (fate attenzione che sul filtro la chiusura deve essere bella stretta).

La parte cruciale della fase 3 è terminata. Adesso mettete la canna in verticale, col filtro in basso, e fatela gentilmente battere su un piano rigido in modo che la mista si compatti il più possibile. Per migliorare ancora la compattezza prendete il filtro della sigaretta (o qualcosa di simile: una penna, una matita, una chiave…), inseritelo sulla cima della canna e pressate ulteriormente la mista (sempre senza esagerare con la forza).
Infine arricciate la parte di cartina rimasta libera in cima alla canna.

Questa è la chiusura classica. Un modo alternativo ma molto efficace e di qualità per chiudere è la “chiusura a bandiera”; questo metodo, che non andrò a esporre, permette di eliminare una parte di carta e di usare solo la quantità indispensabile (meno carta si fuma, meglio è).



Vige la regola importantissima del “chi arriccia, appiccia”, nel senso che colui che ha rollato la stufa sarà quello che la accenderà e il primo a fumare. Dopo di lui vengono chi ha messo l’erba e poi chi ha preparato il materiale o ha aiutato in un qualche modo, poi tutti gli altri.

Fanculo.

-Il Vecchio