mercoledì 6 ottobre 2021

accettare i varani neri dell'impero moghul

a kabul i talebani si pettinano la barba con pettini di avorio verde presi da strani elefanti che non si trovano più da nessuna parte se non in afganistania. guardano orgogliosi quello che hanno fatto: hanno i kalasnikov aggrappati al collo come bimbi neri aggrappati ai colli delle mamme: guardano commossi quello che hanno fatto. cos'era? duecento anni? mille? un milione di anni che qualcuno non smuoveva il sangue dell'asia centrale: il corpo era in cancrena, il corpo dell'asia centrale sembrava avesse più vermi dentro che no e invece ora c'è gente che si pettina la barba con i kalasnikov al collo che hanno mostrato che il sangue lì ancora circola. il corpo dell'asia centrale è come se avesse partorito un uovo nero e da esso è uscito fuori un gigantesco scarafaggio fatto della stessa materie delle perle nere e magnifico sa che lui è vivo mentre tutto il resto è morto. una donna con il burka si sente finalmente protetta dagli sguardi avidi degli uomini, dagli sguardi avidi della pubblicità; sotto il burka potrà essere quello che vuole, potrà gonfiarsi a dismisura, potrà mangiarsi ali di pollo fritte e scrostarsi le fette panate da sotto le sue tette grasse e nessuno potrà giudicarla, nessuno potrà chiederle di essere bella come la figlia di sedici anni, nessuno le potrà chiedere nulla e lei potrà essere stupida e grassa e magnifica mentre il marito continuerà a pettinarsi la barba e a guardare il tramonto sui campi di oppio rossi come se ci avessero spremuto sopra dei cadaveri. a kabul il sole sorge: sorge il sole di un'umanità diversa, difficile da capire, ma un'umanità sana. un'umanità in cui i corpi, l'odio, la rabbia e i varani neri dell'impero moghul sono accettati come figli e non come nemici. un'umanità in cui i nei sono considerati parte del braccio e non parti da togliere.

                                                                                                          Antonio De Oliveira Salazar

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